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mercoledì 9 gennaio 2019

Tasto “Ricarica”

La vita del pendolare GTT è ormai appesa alle mitiche macchinette bippatrici di colore blu, con le quali convalidare in modalità contactless il proprio biglietto o abbonamento.
Alcune di queste, posizionate nelle stazioni, possono anche attivare un nuovo abbonamento acquistato on-line o attraverso altri canali (ad esempio, convenzioni aziendali), ricaricando la relativa tessera.
La procedura per ricaricare è autoesplicativa e documentata a caratteri belli grandi sulla macchinetta stessa e, se non bastasse, anche a fianco della stessa.
2018-11-26 18.24.46
Ci sarebbe da chiedersi: perché hanno dovuto scrivere due volte le istruzioni per la ricarica? in fondo è semplicissimo: basta premere il tasto “Ricarica”.
Solo che… il tasto “Ricarica” non esiste, bisogna invece selezionare “Attiva titolo”. Ovvio, no?

mercoledì 10 ottobre 2018

Cacografia

No, non è una parolaccia. Cacografia è semplicemente il contrario di calligrafia. Dove quest’ultimo rappresenta una bella (calli-) scrittura (-grafia), il prefisso caco- indica la brutta scrittura.

Io sono certamente affetto da questo difetto, ed in effetti cerco di evitare in ogni modo di scrivere a mano (soprattutto se devo consegnarlo ad altri).

I rimedi alla cacografia cronica sono tre: scrivere lentamente, il più possibile ordinato; scrivere in carattere stampatello; scrivere con caratteri grandi e ben contrastati.

Gli esami degli studenti, invece, riescono spesso a contravvenire a tutte e tre le regole:

  • Scritti a matita (sì, nel mio corso è permesso). Con tratto leggerissimo, quasi invisibile. Su foglio non bianchissimo, ma di carta grigia (stesso colore della matita). Con quadrettatura pesante, certamente più pesante del testo scritto.
  • Scritti in corsivo, quasi mai a stampatello. Ma quel corsivo che usi quando hai fretta, pieno di scorciatoie sulla forma delle lettere, mancanza di spazi tra le parole, occasionali errori sintattici.
  • Scritti e riscritti, con correzioni, cancellature, riscritture, riporti, frecce e rimandi. Per cui ricostruire ciò che si voleva dire è effettivamente un’opera di enigmistica.

Comprendo bene lo stato di agitazione che si può provare sotto esame, ma ciò rischia di rendere più difficile la correzione, ed in ultima analisi rende difficile al docente capire che cosa lo studente volesse effettivamente descrivere.

E talvolta il desiderio di scrivere “di più” è controproducente, perché porta a scrivere in modo indecifrabile. Suggerimento: meglio essere sintetici, schematici, chiari e comprensibili. La correttezza non si misura mai dal numero di parole scritte o di pagine riempite.

mercoledì 5 settembre 2018

Tip: Open Live Writer

Da parecchio tempo questo blog era fermo. Il motivo principale (oltre alla pigrizia, sempre presente) è che Windows Live Writer (l’ottimo programma della suite Windows Live Essentials di Microsoft pensato per scrivere i post) non è più aggiornato da tempo, ed ha smesso di funzionare su blogger.com per via di una nuova modalità di autenticazione sui server Google.

L’interfaccia nativa di Blogger è troppo spartana ed irritante (oltre a non essere disponibile offline), ed il suo utilizzo supera già la “soglia di sbattimento”. Per cui, piuttosto che adattarsi ad un’interfaccia antipatica, non scrivo. Tanto per ricordarci quanto sia importante l’usabilità di una qualsiasi interfaccia.

Oggi qualcosa è cambiato: ho letto un articolo di PC Professionale (di Antonio Maruccia, disponibile qui) in cui si racconta che la suite Windows Live è ormai scomparso (non più supportato e non più scaricabile dai server di Microsoft). Ma la buona notizia è che l’articolo citava Open Live Writer, un’alternativa open source che raccoglie l’eredità del prodotto Microsoft abbandonato. O, come dicono gli autori: An open source fork of Microsoft's Windows Live Writer.

Adesso, con uno strumento finalmente comodo e flessibile, mi rimane solamente la pigrizia come scusa per non scrivere. Chissà se riuscirò a vincerla?

lunedì 4 luglio 2016

La signora Gabriella

Questo post è un ringraziamento pubblico per la signora Gabriella, e di tutte le signore come lei che ci tengono a renderci la vita un po' più complicata (pardon, interessante). Nota: Gabriella è un nome di fantasia, anche se casualmente coincide con il nome che aveva stampato sul proprio badge.
Gabriella si alza ogni mattina per andare a lavorare in banca, allo sportello di una filiale di una piccola località ligure. Ed aspetta la sua occasione per venire incontro alle esigenze dei clienti.
Capita, un giorno, che il cliente fossi io. A dir la verità, molto umilmente, volevo solamente prelevare qualche euro dal Bancomat della filiale, ma all'asetticità del Bancomat si è presto sostituito un rapporto personale con Gabriella. Ma andiamo per ordine.

  • Ore 12:00, arrivo al Bancomat (posto all'esterno della filiale), inserisco la tessera. Un gesto comune, fatto da milioni di persone ogni giorno.
  • Nessuna reazione. La tessera viene risucchiata, ma il Bancomat sembra non accorgersene. Continua a dire "Inserire la tessera". Attendo un attimo, non succede nulla. Provo a premere Annulla, non succede nulla. Un po' di altri tasti a caso, non succede nulla. Diagnosi: il Bancomat mi ha "catturato" la tessera per qualche motivo.
  • Poiché la banca è aperta, entro (semivuota, per fortuna niente code) e mi reco al primo sportello libero. Gabriella. Espongo il problema, e lei mi dice che devo semplicemente aspettare, e la tesserà verrà restituita automaticamente.
  • Faccio presente che, se il Bancomat dice "Inserire la tessera", probabilmente non si è accorto di averla catturata, ed è improbabile che la possa restituire. Ma Gabriella ne sa più di me, ed insiste di tornare fuori ad aspettare.
  • Con fatica, vista la mia stizza, si alza dalla sedia, percorre 5 passi fino a raggiungere l'interno del Bancomat, apre uno sportello, guarda dentro non molto convinta e ribadisce la verità inoppugnabile dei fatti: "Qui non c'è".
  • Coda tra le gambe, torno fuori ad aspettare come un cretino.
  • Passati 10 minuti, durante i quali ho provato una serie di cose inutili (prova ad inserire un'altra tessera: impossibile, non entra perché lo slot è già occupato; prova a schiacciare tasti che neanche Allevi: inutile; prova con qualche gentile scossone, vuoi mai che vada in 'tilt' come i flipper: inutile), decido di tornare dentro.
  • Lo sguardo di Gabriella, come avesse visto una nutria in decomposizione, cerca di scoraggiarmi dal rivolgersi nuovamente a lei. E lo farei volentieri, vista la simpatia dimostrata, ma purtroppo di fronte al bisogno sono costretto a ri-spiegare da capo il problema.
  • La risposta, questa volta, è stata di tornare fuori ad aspettare, che il Bancomat avrebbe restituito la tessera. Dopo quanto? chiedo io. 2 minuti, 5 minuti, 10 minuti, mezz'ora? La risposta, testuale, è stata "Se lo sapessi sarei un'indovina". Grande, impiegata dell'anno, anzi del secolo. Direttrice delle relazioni con i clienti. Preside della facoltà di comunicazione.
  • L'aspirante indovina, a riprova della sua dedizione al caso, ri-compie nuovamente i 5 passi, facendo pesare ogni movimento, e torna ad aprire la macchina. La tessera "non è caduta", e non può prenderla finché la macchina non la restituisce. E se la prendesse, non potrebbe restituirmela, ma sarebbe necessaria un'autorizzazione della mia banca.
  • Torno fuori, più per sbollire la rabbia che per realmente aspettare la tessera.
  • In tutto questo tempo passano diverse persone, che vorrebbero prelevare, con le quali condivido la storiella, e condividiamo l'amore per le cose che funzionano bene. Il commento di tutti, unanime, è stato "ma dentro non la possono aiutare?". E certo che no! Se no che ci stanno a fare?
  • Nel frattempo, il Bancomat fa un po' di tutto (Fuori servizio, attendere prego. Sincronizzazione con il server. Riavvio.), forse come parte di procedure di auto-diagnostica, forse perché magari qualcuno ha premuto un tastino. Fa un po' di tutto, ottenendo un po' di niente.
  • Passata mezz'ora dall'inizio dell'evento, decido di far bloccare la tessera e farmene spedire una nuova dalla banca, piuttosto che dover accampare lì fuori per 3 giorni e 2 notti.
  • Ritorno in banca per comunicare a Gabriella (cercava di nascondersi tra una risma di fogli) che poteva estrarre la tessera e distruggerla, quando scatta l'illuminazione: una collega, forse incuriosita dalla relazione che si stava creando tra me e Gabriella, suggerisce di chiedere a Roberto.
  • Roberto. La salvezza. Roberto è un tipo, presente in filiale, camicia hawaiana, capello lungo, sguardo vivo (finalmente). In 10 secondi riassumo la situazione. "Ma è mezz'ora che aspetta?" Certo, che dovevo fare? "Aspetti che verifico". Sguardi feroci tra Roberto e Gabriella. Gabriella che cerca di negare il fatto che io fossi già entrato 3 volte (forse mi ha confuso con la nutria).
  • Roberto fa i 5 fatidici passi (per lui sono solo 3, è un po' più agile), fa scattare una serratura, fa scorrere un meccanismo su una slitta, prende la mia tessera, e richiude il tutto. "Ci voleva tanto?" è il suo commento. Sarebbe anche il mio, ma non saprei a chi rivolgerlo.
  • Documento d'identità, fotocopia, data, controfirma, ed il 30 secondi sono fuori con la mia tessera.
Forse il post dovrebbe essere un ringraziamento a Roberto, tutto sommato. Che come tutte le persone sveglie di questo mondo, fa il suo lavoro. Lo fa bene, con cortesia ed efficienza. E vorrebbe probabilmente trasferire buona parte dei suoi colleghi a vivere in un allevamento di nutrie, visto che sul lavoro non fanno altro che creare problemi ed ostacoli.

lunedì 14 dicembre 2015

Non leggete le istruzioni

È ormai conoscenza comune, e frutto degli enormi progressi nel campo della User Experience, che le istruzioni d'uso non servano, per qualsiasi prodotto, dallo spazzolino da denti alla centrale nucleare.

Alcuni coreani, però, hanno voluto rendere ancora più esplicita l'inutilità delle istruzioni. Come? Scrivendole. Ma scrivendole come?

Mi è capitato per le mani un sacchetto di non meglio definite palline per costruire "Crystal Boll" (qualunque cosa siano), probabilmente acquistato per qualche frazione di euro in un banco di random-things in qualche fiera.

Sacchetto di Seven Color Crystal Boll (fronte e retro)

Non essendo chiaro che cosa farsene di queste palline di materiale plastico (c'è scritto 500G, ma probabilmente erano 50g, suvvia non facciamo i pignoli), abbiamo provato a leggere le istruzioni, chiaramente stampate sul retro del sacchetto.

Zoom sulle istruzioni

La fotografia non è il massimo della leggibilità, per cui conviene riportare per esteso il testo delle istruzioni (riportata fedelmente, maiuscole comprese).
product use information:
1. add water 400G on the product. about 4 hours it will grow up
2. one clear beauty satiety face will grow up
3. when the flower want to oxygen and nutrition, I will help you too much
Non sono riuscito a collegare il concetto di volto della sazietà con il bisogno d'ossigeno del fiore, altrimenti il resto era tutto chiaro.

Quindi la lezione dei coreani-cinesi (il sacchetto è "Made in China" ma "Designed by Korea", fate voi) è chiara: se leggi le istruzioni, te lo sei cercato. Non dovevi farlo. E basta.

lunedì 6 ottobre 2014

Skewed Affordance

Nel campo della progettazione di interfacce utente (per siti web, app mobili o anche per oggetti fisici) è molto importante il concetto di “affordance”, ossia il principio per cui l’aspetto (visuale o fisico) suggerisce e determina il modo o i modi in cui l’interfaccia può essere utilizzata. Ad esempio, una ghiera si ruota, un pulsante si preme, una leva si sposta, una placca si preme, una maniglia si impugna, e così via.

Quando le funzioni offerte sono molte, è anche importante che la disposizione fisica delle affordance rispetti l’effetto che si ottiene nell’attivarle. Basti guardare la disposizione delle 4 frecce in una tastiera (avete mai usato una tastiera sadica in cui le 4 frecce fossero poste in fila?), la cui posizione corrisponde alla direzione nella quale il cursore di dovrà spostare. Oppure al fatto che i tasti “indietro” ed “avanti” di un’interfaccia di riproduzione audio siano sempre in quest’ordine, con i “play” messo tra i due.

Ora però mi spiegate il ragionamento dietro a questa pulsantiera per ascensore:

2014-09-10 07.27.33 tasti ascensore

Cosa ci vuole comunicare? che forse l’hotel ha una forma strampalata, con i piani talvolta affiancati e talvolta sovrapposti? Ma cos’è, l’hotel Jenga?

In realtà i piani erano tutti “regolari”, uno sopra l’altro. E la porta dell’ascensore si apriva sempre dallo stesso lato. Quanta creatività sprecata… (anzi, controproducente)

lunedì 8 settembre 2014

Il tuo occhiale perde bicchieri

Quest’estate non è stata particolarmente calda, quindi non può essere il caldo eccessivo ad avermi dato alla testa, facendomi scrivere un titolo senza senso per questo post.

Il tutto deriva da un esilarante (o tragico) errore di traduzione che ho trovato sull’annuncio di richiamo di un prodotto (occhiali da sole per bambini)

2014-08-29 22_04_21-Richiamo prodotto Decathlon

Poiché il testo è difficile da leggere, lo riporto qui sotto (grassetto mio per evidenziare gli strafalcioni). Non rispondo di parti del corpo che vi dovessero cascare durante la lettura.

Richiamo prodotto

Vi invitiamo a riportare in negozio i lunettesde sole bambino della marca ORAO inserisco in campionario BEARO 0 0-2 blu / rosa / minima / arancioni (numeri vari inutili) acquistate tra il 1 Marzo ed i Giugni2014. Abbiamo scoperto una mancanza di solidità sugli occhiali.All’epoca di certe manipolazioni, un bicchiere può staccarsi dalla montatura, col rischio di essere messo nella bocca.

Sapere ne di più.

E chiamare un traduttore vero, anziché un surrogato ritardato di Google Translate? O forse sarebbe più adeguato un esorcista, visto il concentrato di orrori?

mercoledì 19 dicembre 2012

Rete a singhiozzo sulle frecce

Uno dei servizi più sbandierati delle “frecce” di Trenitalia, ed in particolare del Frecciarossa, è la disponibilità di collegamento Internet gratuito a bordo.

Ovviamente riuscire ad accedere è già di per sé un piccolo calvario di (non)usabilità, ma alla fine il Wi-Fi si connette. Non è particolarmente veloce, ma per essere gratuito è accettabile.

Tranne ogni tanto: a quanto pare le gallerie, la velocità eccessiva, l’attraversamento di zone scarsamente popolate, e qualche altro fattore casuale, fanno sì che il collegamento sia abbastanza instabile ed intermittente.

E fin qui nulla di male: l’intera rete Internet è stata progettata su criteri di ridondanza, per cui una breve interruzione di connettività non è mai catastrofica (anche se i sedicenti sviluppatori web 2.0 se ne “dimenticano”, quando danno per scontato che una chiamata Ajax risponda sempre, e sempre velocemente).

Anche qui, però Trenitalia ci ha messo del suo.

Anziché permettere ad una perdita di connettività di comportarsi normalmente, invece, ti re-dirigono su una loro pagina di errore (che ovviamente non è particolarmente più esplicativa di ciò che ti avrebbe scritto il browser).

Tale pagina si rinfresca periodicamente, ed alla ripresa della connessione, si trasforma in quella sottostante. In un italiano un po’ zoppicante, ci informa che cliccando “qui” potremo riprendere la navigazione.

A parte il fatto che speravo che i link con scritto “qui” fossero scomparsi da almeno 10 anni (sono uno dei più diffusi errori di usabilità, sono proibiti dalle norme sull’accessibilità, e sono controproducenti per la search engine optimization), la cosa triste è che il link non porta alla pagina che si stava cercando di raggiungere quando è mancata la connettività. No, porta alla pagina iniziale del servizio, quella con tutte le promozioni ed auto incensazioni di quantèbbellalafrecciarossa.

Istruzioni per l’uso: mai cliccare su “qui”, una bella pressione sul “back” è molto meglio.

Gentile Cliente Le comunichiamo che il collegamento alla rete è stato ripristinato e può riprendere la navigazione cliccando qui.

giovedì 19 aprile 2012

Autocompletamento incompleto

Ormai sui siti web è normale disporre della funzionalità di auto-completamento, o di auto-correzione, come ad esempio nella scelta degli aeroporti nei principali siti di viaggi.

Scelta dell'aeroporto (con auto-completamento)

Uno dei vantaggi, oltre al fatto di non dover scrivere per esteso il nome, è che il testo “auto-completato” sarà sicuramente corretto, perché viene inserito automaticamente dal sistema.

Sicuramente corretto, quindi. O no? Perché nella pagina successiva, il sistema non era più sicuro di sé stesso…

Impossibile trovare aeroporti... ma il nome è identico

Ho provato tutte le paia di occhiali a mia disposizione, ma non sono riuscito a trovare le differenze…

lunedì 6 febbraio 2012

Fobia da versioni

Nella guerra dei browser, le nuove versioni si succedono ormai ad un ritmo incontrollabile. Veloce indovinello (senza aprire il PC): qual’è l’ultima versione di Firefox? 9? 10? 10.1? E quale versione di Chrome si è autoinstallata a vostra insaputa questa notte? Poi passiamo alle domande difficili, del tipo “quali sono le differenze tra Chrome 15 e 16”?

Succede, poi, che questo eccesso di zelo anche i siti e le applicazioni web, che devono verificare la compatibilità di librerie, script, css con i vari browers, a volte rimangano indietro – o quantomeno confusi. E succede anche ai grandi, vedi il benvenuto che mi ha dato Google Documents stamattina.

image

Ovviamente stavo usando Firefox 10, che è difficile non definire “moderno”…

O si tratta di un piano segreto di Google per rendere i propri siti inaccessibili da qualsiasi altro browser (spero non ci arriveremo mai, altrimenti sarebbe la fine del Web), o qualche controllo di versione un po’ troppo pignolo.

Ed ora la domanda più facile di tutte: secondo voi dove porta il link “upgrade to a modern browser?”

domenica 30 ottobre 2011

Perché le spostano a mano, una ad una

Volevo appostarmi di fronte questa notte, tra le 2 e le 5, per conoscere l’omino che fa il giro di tutti i bancomat e manualmente ne sposta le lancette.

Gentile cliente, a causa del passaggio dall'ora legale all'ora solare lo Sportello ATM rimarrà fuori servizio dalle ore 02.00 (ora legale) alle ore 05.00 (ora solare) di domenica 30 ottobre. Ci scusiamo per il disagio.

lunedì 12 settembre 2011

La Metro a Porta Susa

Molto è stato scritto sull’apertura della stazione della metropolitana torinese a Porta Susa, dagli articoli ufficiali incensatori, alle contestazioni in merito alle autorità presenti.

In effetti l’architettura della nuova stazione è decisamente piacevole (superando il disagio dovuto al fatto di vederla praticamente vuota), e sa molto di uno di quegli esperimenti sulle biosfere indipendenti, con la sua cupola a vetri. Cupola che, immagino, sarà un delirio dal punto di vista energetico: effetto serra d’estate, con conseguente effetto di moltiplicazione dell’afa, e parete frigo d’inverno, in cui se va bene si riesce a pareggiare la temperatura esterna. O spenderanno ingenti quantità di energia per raffrescare e riscaldare, oppure è l’ennesima occasione persa nella costruzione di edifici energeticamente efficienti… e pensare che costruendo ex-novo non sarebbe così difficile.

Ma intendo parlare di un aspetto che mi tormenta maggiormente: la comunicazione. Tutti ormai sanno che la segnaletica interna era carente e fuorviante, tanto da causare smarrimento dei viaggiatori occasionali (testimoniabile quotidianamente), diverse lamentele su Specchio dei Tempi, nonché addirittura sopralluoghi dell’assessore Bonino.

Con l’apertura del collegamento Stazione FS – Stazione Metro, ovviamente, la cartellonistica interna è stata modificata. Devo dire che, rispetto alla versione precedente, la segnaletica attuale è decisamente più chiara, e vi è un maggiore numero di cartelli.

Cartello Metro a sinistraCartello Stazione a destra

Cartello Stazione avantiCartello Stazione torna indietro

Finalmente risulta chiaro che per andare verso la Metro devi uscire dal sovrappassaggio A, mentre per tutto il resto dal D. Sono anche scomparse le frasi in burocratese. Addirittura le lettere A e D sono blu su sfondo bianco rotondo, che magicamente coincide con la stessa simbologia utilizzata nei sovrappassaggi stessi. Quale miracolo di coerenza….!

L’unico aspetto incerto sono i rettangoli di colore arancione che fanno da sfondo al cartello. A prima vista sembra uno cerca di correlarli con le scritte soprastanti, ma non ha senso. Allora si convince che hanno il semplice ruolo di sfondo (o wallpaper). Solo che non si capisce che cosa siano. Solo chi ha un forte allenamento può riconoscere (forse… non lo so…) la schematizzazione della struttura (in profilo, credo) della nuova stazione. Mah, è talmente poco chiaro, poco informativo, e tutto sommato inutile, che potevano francamente evitarlo. Ed avrebbero anche evitato l’impressione di avere ri-utilizzato dei cartelli esistenti, cancellando malamente un disegno precedente…

domenica 11 settembre 2011

Bancomat esplosivo?

Bancomat

Una normalissima giornata in cui ti fermi al primo Bancomat disponibile per prendere un po’ di contante (chissà perché finisce sempre così in fretta).

Il mio è un conto on-line e, non disponendo di sportelli fisici, la banca non fa pagare le commissioni per il prelievo da qualsiasi bancomat di qualsiasi banca, ragion per cui mi fermo spesso al primo che capita, senza farci molta attenzione.

È la prima volta però che mi imbatto in un avvertimento minacciosissimo. Lo si vede nella parte superiore della foto, sopra al display. Per comodità ecco un’immagine ingrandita…

Non introdurre gas

Ma certo, ingenuo io a non averci mai pensato, nei bancomat normalmente si cerca di introdurre gas. Quale gas, non importa, vanno bene tutti. Meglio se provi con la bombola da 20 litri intera. A patto di trovare una fessura adeguata.

Ma invece, se lo introduci, che cosa succede? Si ubriaca di gas esilarante e ti dà tutti i soldi? Si arrabbia fino all’incandescenza ed esplode? Si alleggerisce troppo e l’intera banca si solleva come la casa di UP?

lunedì 29 agosto 2011

L’impostazione di default

Tutto dipende dalle impostazioni di base: le persone si aspettano, per ogni oggetto, prodotto o servizio, alcune modalità di funzionamento “di default”, e per esse non hanno bisogno di istruzioni o indicazioni. Se la modalità di funzionamento non è quella di base, allora è necessario spiegarla.

Asciugatore a getto di aria calda con scritta "funziona" aggiunta a mano

È probabilmente ciò che ha pensato chi ha (giustamente) apposto il cartello “funziona” sull’asciugatore (scovato in un bagno del mio Dipartimento). Visto che ci si aspetta che nulla funzioni (l’impostazione di default), allora quando qualcosa, eccezionalmente, funziona, occorre specificarlo. Geniale.

giovedì 28 luglio 2011

Ripetere a piacere

Ci sono cose che impariamo da piccoli. Se chiami qualcuno e non risponde, prova a ri-chiamarlo. Se suoni un campanello e nessuno risponde, riprovi a suonarlo dopo poco.

Ci sono invece culture in cui questo non viene insegnato. Come in UK, dove si dà per scontato che una richiesta, una volta fatta, venga esaudita. Oggigiorno non è più così, ma la concezione della civiltà anglo-standard non è ancora mutata.

Per cui, meglio scriverlo. Mi vedo già l’inglese stereotipato (che non esiste) seguire alla lettera le istruzioni, e continuare a premere il pulsante per 8 giorni di fila, se nessuno risponde.

Emergency telephone. Press alarm button for 3 seconds. If unobtainable press again

mercoledì 6 luglio 2011

Accessibilità, nei dettagli

Foto del bancone della receptionSempre a proposito di civiltà nordica e di accessibilità, un rapido foto-quiz: che cos’è l’oggetto di plastica nera che sporge dal bancone della reception di un albergo?

Se fossimo qui da noi, sarebbe probabilmente una rottura del pannello che nessuno si è curato di riparare. Oppure il supporto per qualche tipo di cartellone o pannello informativo, che rimane lì per decenni dopo che ha esaurito la sua funzione, solo perché non è compito specifico di alcuno rimuoverlo.

Invece no, perché siamo in un paese civile, dove ageing society non è solo una parola chiave per etichettare velleitarie iniziative autoreferenziali, ma effettivamente inizia ad essere considerato un problema da affrontare concretamente.

Ed ecco la risposta al foto-quiz: si tratta di un supporto per appoggiare/agganciare il bastone da passeggio, da utilizzare durante l’attesa alla reception.

Spendi pochi euro. Metti a suo agio l’utente. Velocizzi le operazioni perché il cliente ha le mani libere. Davvero geniale.

This is a walking stick holder that takes care of your walking stick while you're standing in reception

lunedì 13 giugno 2011

Perché l’Italia non è in Europa

O forse lo è, quantomeno geograficamente, economicamente e forse un po’ politicamente. Ma non lo è di certo culturalmente e organizzativamente.

A dire il vero lo sapevo, ma non avendo più viaggiato molto, di recente, me ne ero dimenticato, e mi ero assuefatto al quieto incazzarsi-per-finta e non-far-nulla-sul-serio delle nostre italiche abitudini.

Non sono ancora passate 2 ore da quando sono arrivato in Danimarca, e già ho ricevuto una decina di forti schiaffi morali nel vedere come le cose, dove si vuole, si possono fare funzionare. Ovviamente per capirlo devi provare a muoverti come I locali: da un taxi con aria condizionata le nazioni e le città sono tutte uguali, mentre nei trasporti pubblici e nei bar delle cittadine secondarie respiri realmente l’umore delle persone e l’organizzazione dei servizi.

Qualche esempio?

  • Tutte le macchinette emettitrici di biglietti, per Metro e per i treni locali, accettano tranquillamente contanti, carte di credito, bancomat, anche esteri. L’interfaccia è semplice ed è tradotta in più lingue (inglese e tedesco, oltre al danese, ci sono sempre; talvolta anche altre lingue). E funzionano. Al primo colpo.
  • Se per caso tentenni per più di 30 secondi alla macchinetta venditrice della stazione Metro all’aeroporto, ti si avvicina una simpatica vecchietta che, in inglese, ti aiuta a scegliere il biglietto e pagarlo.
  • Nascosto nella frase precedente: all’aeroporto (dentro lo stesso, senza uscire) c’è la fermata della metropolitana. Che con meno di 5 euro ti porta in centro in 15 minuti. Come deve essere.
  • La metropolitana è identica a quella di Torino. Solo che qui ce l’hanno da 10 anni ed è estesa su 3 linee.
  • In tutti gli incroci regolati da semaforo (tutti!), esiste un avvisatore acustico per i non vedenti (con suoni diversi per il “rosso” ed il “verde”). E’ talmente comodo che dopo un po’ ci fai l’abitudine, e mentre passeggi non devi neppure fare attenzione ai semafori: sono i semafori che fanno attenzione a te, avvisandoti quando sono rossi.
  • Le auto si fermano sulle strisce pedonali. Al punto che un tizio mi ha guardato male perché ero fermo sul marciapiede mentre scrivevo un SMS, ma di fronte alle strisce: lui si è fermato nonostante io non stessi mostrando l’intenzione di attraversare, e mi ha regalato uno sguardo del tipo “ma se non vuoi attraversare allora perché di fermi davanti alle strisce?”
  • Il cestino dell’immondizia nella camera d’albergo è diviso in 3, perché è predisposto per la raccolta differenziata (organico, carta, altro)

Ci sarebbero altri esempi, ma per non deprimermi troppo dopo le prime due ore ho smesso di prendere mentalmente nota di tante piccole cose che si potrebbero fare anche da noi, perché la qualità (anche di vita) è fatta di piccole cose. E so che domani, al rientro a casa, dovrò fari violenza per ricominciare a tollerare the italian way.

 

P.S. rileggendo il post prima di salvarlo, mi sono accorto di non avere risposto alla domanda posta nel titolo: “Perché?”. Continuo a non riuscire a darne una risposta…

giovedì 12 maggio 2011

Quantilità o qualintità? (parte 3)

Eccoci alla parte finale del ragionamento, che prosegue dall’ultima puntata.
delta annotations_thumb[3]_thumb
Principali spostamenti: a parità di quantità, qualità o costo
Partendo dal grafico precedente, che cosa fanno i nostri manager illuminati? Se siamo fortunati cercano di muoversi a costo zero (=C), o meglio ancora verso la riduzione dei costi (un po’ in discesa), cercando contemporaneamente di aumentare il più possibile la quantità.
Il tutto erodendo, poco a poco, poco a poco, poco a poco il livello di qualità del servizio.
Infatti si osserva in giro la tendenza a ridurre i costi: per spostarsi da una curva di livello ad un altra, è più breve il “passo” in verticale verso il basso (lieve calo di qualità a parità di quantità) piuttosto che un passo in orizzontale verso sinistra (significativo calo di quantità a parità di qualità). E questo giustifica le tendenze attuali: la qualità del servizio viene via via ridotta (poco per volta, in modo non traumatico), i costi vengono via via ridotti o al più mantenuti, la quantità rimane costante o più spesso tende ad aumentare.
Decisione razionale e ponderata, è il meglio che possiamo fare per fare crescere la nostra attività, vero?
Purtroppo manca una variabile in questa analisi: l’utente, il cliente, il destinatario…! Al quale non interessa affatto la quantità (in fondo, lui è uno solo…), ma solamente la qualità (che una volta chiamavano anche “soddisfazione del cliente”, locuzione attualmente svuotata di significato dalle pratiche commerciali ).
I risultati sono sotto gli occhi di tutti:
  • lezioni scolastiche o universitarie contabilizzate ad ore, senza mai verificarne la qualità;
  • valanghe di pubblicazioni scientifiche su riviste di scarso valore;
  • aumento della densità di persone sui mezzi pubblici riducendone via via il comfort e la sicurezza;
  • esplosione spropositata di telefonate commerciali per vendere servizi che non interessano a nessuno perché economicamente poco interessanti;
  • l’aumento dei megapixel nelle macchine fotografiche che continuano ad avere ottiche e sensori da quattro soldi;
  • numero di volte che si controlla la mail, facebook, gli RSS, senza trovare nulla di veramente interessante;
  • … chissà quanti altri esempi ciascuno di noi riesce a riscontrare nella propria esperienza ed a ricondurre a questo semplice principio:
[Nota tecnica: si ringrazia l’ottimo Wolfram Alpha per i grafici.]

mercoledì 11 maggio 2011

Quantilità o qualintità? (parte 2)

 

Nel post precedente abbiamo analizzato le curve del costo in funzione della qualità ed in funzione della quantità, e ci siamo fermati chiedendoci che cosa farà un essere razionale che vuole eseguire l’attività A, e vuole ottimizzare i costi.

Basta guardare il grafico combinato dei due fattori precedenti, dove si vedono le combinazioni (q, Q) a parità di costo (ciascuna linea di livello, rappresentata da un colore, identifica un certo valore del costo).

quantita-qualita

Linee di livello a parità di costo
per diverse combinazioni di quantità q e qualità Q

Ovviamente, per servizi già avviati, ci interessa la parte in alto a destra del grafico (quantità già significativa, qualità tendenzialmente alta), che riporto qui sotto.

quantita-qualita-top

Zoom del grafico precedente,
nella zona ad alta quantità (q>60) ed alta qualità (Q>70%)

Quali sono i principali spostamenti su questa mappa qualità/quantità/costi?

  1. Spostamenti a parità di costo (indicati con la freccia =C, che corre parallela alle curve di livello).
    In questo caso ci spostiamo su una curva di livello (quasi orizzontale…): a parità di costi (ossia a “costo zero”) posso aumentare anche di molto la quantità, con delle “piccole” riduzioni di qualità. Sembra quindi sensato fare evolvere un servizio nella direzione della maggiore quantità q, sacrificando un pochino la qualità Q.
  2. Spostamenti a parità di qualità (indicati con la freccia +q, che punta a destra in orizzontale, aumentando la quantità senza variare la qualità).
    Questo caso è quasi identico al precedente (infatti le frecce =C e +q sono quasi parallele). Confermiamo che un aumento della quantità ha un costo molto limitato (anche se ora non è nullo in quanto stiamo cercando di mantenere lo stesso livello di qualità).
  3. Spostamenti a parità di quantità (indicati con la freccia +Q, che sale in verticale, aumentando la qualità senza variare la quantità).
    Questo caso è radicalmente diverso: anche piccoli incrementi di qualità comportano immediatamente forti incrementi di costi (si devono scavalcare diverse curve di livello).

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Principali spostamenti: a parità di quantità, qualità o costo

Analizzando questi spostamenti scopriremo facilmente che cosa faranno i nostri moderni manager illuminati. A domani per l’ultima puntata!

martedì 10 maggio 2011

Quantilità o qualintità? (parte 1)

[Nota: post lungo, diviso in 3 parti che saranno pubblicate in 3 giorni successivi]

Ci sono quei periodi, quelle convergenze astrali, quelle coincidenze sociali. Periodi in cui incontri diverse persone, per diversi motivi, e la discussione ricade sempre sugli stessi concetti. Applicati in campi diversi, ma pur sempre gli stessi concetti di base. Ed allora scopri che non sei il solo a pensarla così, il che da un lato ti rincuora, e dall’altro ti fa intabaccare ancora di più…

In questo periodo, l’argomento ricorrente (sebbene possa comparire in accezioni diverse e con terminologie diverse) che mi sta perseguitando è la relazione tra quantità e qualità, in particolare applicato all’organizzazione del lavoro e dei servizi.

Ed in molti casi si assiste ad una sempre maggiore attenzione ed interesse per la quantità, a scapito della qualità. Già, perché i due attributi sono per propria natura antagonisti.

Proviamo a formalizzare il problema. Supponiamo di volere realizzare un’attività A, con un determinato livello di qualità Q (maiuscolo) ed erogato in quantità pari a q (minuscolo). L’attività A avrà un costo C che dipende (tra gli altri fattori) da Q e q: C(Q, q). Come varia C al variare di Q? e di q?

La qualità è un fattore irraggiungibile: assumendo che esista un livello assoluto di qualità Q=100%, più mi voglio avvicinare al massimo e più dovrò investire. Il primo 70-80% costa poco. Ma passare da Q=80% a Q=90% costa molto di più che passare dal 70% all’80%. E passare al 95% è ancora più costoso. Il costo ha un comportamento asintoticamente crescente all’avvicinarsi al 100%. E’ il ben noto principio paretiano dell’80/20, noto anche come law of diminishing returns.

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Andamento del costo in funzione della qualità

La quantità si comporta in modo decisamente opposto. Passare da q=0 (non fare l’attività A) a q=1 (farla una volta, o per un utente) ha una differenza di costo notevole. Passare da q=1 a q=2 costa meno che raddoppiare. Passare a q=3 costa ancora meno. Su numeri maggiori (da q=100 a q=110) i costi addizionali sono praticamente nulli. Si tratta del fenomeno noto come economia di scala.

costo-quantita_thumb[2]

Andamento del costo in funzione della quantità

Ed allora l’essere razionale che vuole eseguire l’attività A, e vuole ottimizzare i costi, che cosa farà? Lo scopriremo nel prossimo post, analizzando il grafico combinato dei due fattori precedenti.

A domani!