mercoledì 10 ottobre 2018

Cacografia

No, non è una parolaccia. Cacografia è semplicemente il contrario di calligrafia. Dove quest’ultimo rappresenta una bella (calli-) scrittura (-grafia), il prefisso caco- indica la brutta scrittura.

Io sono certamente affetto da questo difetto, ed in effetti cerco di evitare in ogni modo di scrivere a mano (soprattutto se devo consegnarlo ad altri).

I rimedi alla cacografia cronica sono tre: scrivere lentamente, il più possibile ordinato; scrivere in carattere stampatello; scrivere con caratteri grandi e ben contrastati.

Gli esami degli studenti, invece, riescono spesso a contravvenire a tutte e tre le regole:

  • Scritti a matita (sì, nel mio corso è permesso). Con tratto leggerissimo, quasi invisibile. Su foglio non bianchissimo, ma di carta grigia (stesso colore della matita). Con quadrettatura pesante, certamente più pesante del testo scritto.
  • Scritti in corsivo, quasi mai a stampatello. Ma quel corsivo che usi quando hai fretta, pieno di scorciatoie sulla forma delle lettere, mancanza di spazi tra le parole, occasionali errori sintattici.
  • Scritti e riscritti, con correzioni, cancellature, riscritture, riporti, frecce e rimandi. Per cui ricostruire ciò che si voleva dire è effettivamente un’opera di enigmistica.

Comprendo bene lo stato di agitazione che si può provare sotto esame, ma ciò rischia di rendere più difficile la correzione, ed in ultima analisi rende difficile al docente capire che cosa lo studente volesse effettivamente descrivere.

E talvolta il desiderio di scrivere “di più” è controproducente, perché porta a scrivere in modo indecifrabile. Suggerimento: meglio essere sintetici, schematici, chiari e comprensibili. La correttezza non si misura mai dal numero di parole scritte o di pagine riempite.

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