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domenica 30 giugno 2019

Risoluzione Infinita

Uno dei tanti esempi di come “il digitale” non sia per nulla compreso, nemmeno da chi se ne professa pioniere.

Tutta fiera, la bolletta di SEN (Servizio Elettrico Nazionale), che ancora ricevo in formato cartaceo (sarò retrogrado, probabilmente), mi spinge ad attivare Bollett@ Online, per ricevere le bollette via e-mail anziché via posta. Di per sé nulla di strano (a parte che l’utilizzo del ‘@’ nel nome mi ha fatto ripiombare negli anni ‘90 quando ciò “faceva moderno”. Ehi, mi fanno addirittura lo sconto di 6 euro l’anno! Come perdere questa golosissima occasione?

Ed è anche facile: basta inquadrare il QR code con lo smartphone. Ecco:


Qual è il problema? proprio il QR code. Quel codice è illeggibile. No, non all’occhio umano, ma a qualsiasi smartphone. I pixel sono troppo piccoli, perché il testo contenuto nel codice sarà troppo lungo. Aggiungiamo che viene stampato con una risoluzione scadente, su carta imperfettamente ruvida, ed il risultato è garantito: il codice non ha la risoluzione grafica sufficiente per essere decodificabile.
[Nota: lo ‘zig-zag’ è stato aggiunto per proteggere gli eventuali dati presenti, non fa parte del codice originale]

Questa è una lunga catena di incompetenza: dal programmatore dei sistema di backend, che ha fornito una URL (sarà una URL?) esageratamente lunga (mai conosciuti gli URL shortener), al programmatore che ha adattato il software per la creazione delle bollette, aggiungendo il QR code, senza porsi il problema della dimensione, al grafico che ha impaginato la bolletta senza rendersi conto che stava inserendo un elemento illeggibile, al controllo qualità (ma ci sarà) che probabilmente non aveva idea di cosa fosse il QR code, a parte che era una cosa “moderna” e “digitale”.

C’è questa illusione che il digitale sia infinitamente preciso e privo di errori, ma il concetto base del digitale è proprio la quantizzazione dell’informazione che avviene ad ogni interfaccia tra il mondo digitale e quello analogico. Sono parole troppo difficili. Bisogna pensare. Ed avere persone competenti. Meglio far finta di essere in una puntata di CSI, dove si può zoomare all’infinito in qualsiasi immagine.

lunedì 13 maggio 2019

Sostenibilità? Non bastano le buone intenzioni

Ieri ho passato la giornata al Salone del Libro di Torino (non lo chiamo “Salone Internazionale” perché la dimensione internazionale era veramente evanescente).

Una delle caratteristiche di questa edizione è una maggiore attenzione alla sostenibilità, ed in particolare alla raccolta differenziata dei rifiuti. All’interno del salone vi erano bidoni diversi (plastica, indifferenziato), ed in un paio di casi ho visto degli addetti presidiare tali bidoni e suggerire la collocazione corretta dei rifiuti.

Hiking Sport di Montagna - Borraccia 500 Tritan 0,5L QUECHUA - Materiale TrekkingLodevole intento, soprattutto per separare la grande quantità di plastica (penso alle bottigliette d’acqua) che si genera in eventi di questo genere.

Ma allora perché ai cancelli di ingresso mi hanno sequestrato la borraccia (di plastica) che mi ero portato da casa proprio per non usare bottiglie usa e getta?

Piuttosto che separare i rifiuti (cosa ovviamente utile e necessaria), non sarebbe meglio evitare di produrli (anche per azzerare i costi della raccolta)?

Fortunatamente mi ero portato da casa anche un paio di bottigliette di plastica tradizionali (quale ingegnere non ha un Piano B pronto per ogni occasione?), le quali sono invece entrate liberamente al Salone senza suscitare alcun dubbio da parte degli addetti. Mah.

Devo dire che mi dispiace ancor più perché la borraccia era di mia figlia (8 anni), che utilizza a scuola, perché ai bambini, invece, hanno insegnato a riusare il contenitore dell’acqua. La scuola fa dei passi educativi, la società li vanifica e li mortifica.

Meno slogan, più coordinamento. Chissà se imboccheremo mai questa strada?


P.S.1. abbiamo potuto recuperare la borraccia all’uscita

P.S.2. ci sarebbero anche altri aspetti da rilevare (perché non c’erano contenitori per la carta? perché i bidoni non erano ben identificabili attraverso i colori convenzionali?), ma affrontiamo un punto per volta.

lunedì 14 gennaio 2019

The cat black

The cat black? Orrore! Lo sanno tutti che in inglese gli aggettivi vanno prima del nome: The black cat è la forma corretta. Sarà probabilmente una regola che vi hanno insegnato alla terza lezione di inglese.

Lo sanno tutti!

Lo sanno tutti?

Beh, probabilmente non i curatori di questa campagna di sconti, che hanno stampato probabilmente decine di migliaia di “shopping bag reusable and recyclable”.

Per fortuna che hanno precisato “Made in Italy”, manca forse il “and written in Ital-inglisc”. Sicuramente gli sconti li hanno fatti sui traduttori…

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venerdì 11 gennaio 2019

Elenchi Laureati Politecnico

Succede spesso di ricevere richieste da parte di aziende che vogliano contattare studenti neolaureati. Mi sono reso conto che gli elenchi di laureati, pur essendo disponibili sul sito del Politecnico, non sono facili da trovare (ed anzi, una ricerca su Google rimanda ad un servizio dismesso dal 2011).

Per chi fosse interessato, la pagina da visitare per ricercare i profili di studenti e laureati del Politecnico è: http://stagejob.polito.it/aziende/profili_studenti_e_neolaureati

È disponibile una visualizzazione di tipo anonimo (senza dati identificativi dello studente, ma solo con dati riassuntivi sulla carriera e sulla tesi di laurea svolta) accessibile a tutti. Le aziende, inoltre, possono registrarsi e consultare le informazioni complete sugli studenti selezionati.

Unico problema: i laureati nel settore ICT, soprattutto quelli più bravi, tendono ad essere già occupati sin dal giorno della laurea (talvolta anche prima). Ma a questo problema si può ovviare solamente aumentando il numero di studenti e studentesse che scelgano una carriera informatica.

lunedì 19 novembre 2018

Lavoriamo per voi

Storia di un piccolo inconveniente: oggi la macchinetta del caffé mi ha rubato 20 centesimi. Ho inserito 50 centesimi, preso una bevanda da 30 centesimi, e non è uscito alcun resto.

Fortunato, io: a fianco c’era il tecnico che stava riempiendo la macchinetta a fianco. Tranquillo, lo dico a lui e tutto risolto: aprirà la macchietta e mi restituirà i miei preziosi 0,20€.

Invece no: il tecnico non può fare nulla sui rimborsi, a meno che non sia autorizzato dalla ditta. Quindi la procedura è questa: io dovrei telefonare alla ditta (numero verde indicato sulla macchinetta), indicare la macchina e spiegare il malfunzionamento. A questo punto la ditta potrebbe credermi (oppure no) e potrebbe autorizzare il tecnico (che nel frattempo sarà andato altrove) a rimborsarmi.

Quando faccio notare che per 20 centesimi non ho voglia di sobbarcarmi tutta questa trafila, il tecnico sbotta che, poiché facciamo tutti così (tradotto: visto che nessuno chiama il numero verde per segnalare i malfunzionamenti), il problema non sarà risolto. Poi, testualmente: “La macchina è evidente che abbia dei problemi, ma se non ci sono segnalazioni non verrà sistemata”.

Domanda molto ingenua: ma se un tecnico sul campo vede degli evidenti problemi, perché non fa lui la segnalazione? (perché non è autorizzato a farla?). Perché ‘N’ utenti devono perdere il proprio tempo per diagnosticare e segnalare guasti che personale affiliato all’azienda già conosce? Perché il cliente deve spendere tempo ed energie per risolvere i problemi già noti al fornitore?

mercoledì 31 maggio 2017

Un passettino fuori dal medioevo

Gli eventi di queste ultime settimane mi hanno ispirato questa...

Proposta di legge urgente per aiutare l'Italia ad uscire dal Medioevo.

Articolo 1 - Incremento di produttività

1. A partire dal 01/01/2018, i pagamenti attraverso bollettino postale, nei confronti di una qualsiasi pubblica amministrazione, sono vietati.

Articolo 2 - Norme transitorie

1. A partire dal 01/09/2017, tutte le pubbliche amministrazioni dovranno offrire, per i pagamenti nei loro confronti, almeno una alternativa che abbia le seguenti caratteristiche: essere esente da costi per l'utente (comprese ricariche e abbonamenti), non richiedere spostamenti fisici, non richiedere al cittadino di fare delle code.2. Qualora le alternative di cui al precedente comma 1 non siano offerte, o non siano chiaramente comunicate, il cittadino è esentato dal versamento della cifra richiesta.
3. A partire dal 01/01/2018, le modalità di pagamento ammesse dovranno avere tutte le caratteristiche di cui al comma 1.

Articolo 3 - Copertura finanziaria

1. Le misure di cui sopra saranno realizzate a costo zero per le amministrazioni e per gli utenti.2. La produttività guadagnata (tempo risparimiato per gli operatori e dei cittadini) sarà investita nella formazione alla cittadinanza digitale.



lunedì 4 luglio 2016

La signora Gabriella

Questo post è un ringraziamento pubblico per la signora Gabriella, e di tutte le signore come lei che ci tengono a renderci la vita un po' più complicata (pardon, interessante). Nota: Gabriella è un nome di fantasia, anche se casualmente coincide con il nome che aveva stampato sul proprio badge.
Gabriella si alza ogni mattina per andare a lavorare in banca, allo sportello di una filiale di una piccola località ligure. Ed aspetta la sua occasione per venire incontro alle esigenze dei clienti.
Capita, un giorno, che il cliente fossi io. A dir la verità, molto umilmente, volevo solamente prelevare qualche euro dal Bancomat della filiale, ma all'asetticità del Bancomat si è presto sostituito un rapporto personale con Gabriella. Ma andiamo per ordine.

  • Ore 12:00, arrivo al Bancomat (posto all'esterno della filiale), inserisco la tessera. Un gesto comune, fatto da milioni di persone ogni giorno.
  • Nessuna reazione. La tessera viene risucchiata, ma il Bancomat sembra non accorgersene. Continua a dire "Inserire la tessera". Attendo un attimo, non succede nulla. Provo a premere Annulla, non succede nulla. Un po' di altri tasti a caso, non succede nulla. Diagnosi: il Bancomat mi ha "catturato" la tessera per qualche motivo.
  • Poiché la banca è aperta, entro (semivuota, per fortuna niente code) e mi reco al primo sportello libero. Gabriella. Espongo il problema, e lei mi dice che devo semplicemente aspettare, e la tesserà verrà restituita automaticamente.
  • Faccio presente che, se il Bancomat dice "Inserire la tessera", probabilmente non si è accorto di averla catturata, ed è improbabile che la possa restituire. Ma Gabriella ne sa più di me, ed insiste di tornare fuori ad aspettare.
  • Con fatica, vista la mia stizza, si alza dalla sedia, percorre 5 passi fino a raggiungere l'interno del Bancomat, apre uno sportello, guarda dentro non molto convinta e ribadisce la verità inoppugnabile dei fatti: "Qui non c'è".
  • Coda tra le gambe, torno fuori ad aspettare come un cretino.
  • Passati 10 minuti, durante i quali ho provato una serie di cose inutili (prova ad inserire un'altra tessera: impossibile, non entra perché lo slot è già occupato; prova a schiacciare tasti che neanche Allevi: inutile; prova con qualche gentile scossone, vuoi mai che vada in 'tilt' come i flipper: inutile), decido di tornare dentro.
  • Lo sguardo di Gabriella, come avesse visto una nutria in decomposizione, cerca di scoraggiarmi dal rivolgersi nuovamente a lei. E lo farei volentieri, vista la simpatia dimostrata, ma purtroppo di fronte al bisogno sono costretto a ri-spiegare da capo il problema.
  • La risposta, questa volta, è stata di tornare fuori ad aspettare, che il Bancomat avrebbe restituito la tessera. Dopo quanto? chiedo io. 2 minuti, 5 minuti, 10 minuti, mezz'ora? La risposta, testuale, è stata "Se lo sapessi sarei un'indovina". Grande, impiegata dell'anno, anzi del secolo. Direttrice delle relazioni con i clienti. Preside della facoltà di comunicazione.
  • L'aspirante indovina, a riprova della sua dedizione al caso, ri-compie nuovamente i 5 passi, facendo pesare ogni movimento, e torna ad aprire la macchina. La tessera "non è caduta", e non può prenderla finché la macchina non la restituisce. E se la prendesse, non potrebbe restituirmela, ma sarebbe necessaria un'autorizzazione della mia banca.
  • Torno fuori, più per sbollire la rabbia che per realmente aspettare la tessera.
  • In tutto questo tempo passano diverse persone, che vorrebbero prelevare, con le quali condivido la storiella, e condividiamo l'amore per le cose che funzionano bene. Il commento di tutti, unanime, è stato "ma dentro non la possono aiutare?". E certo che no! Se no che ci stanno a fare?
  • Nel frattempo, il Bancomat fa un po' di tutto (Fuori servizio, attendere prego. Sincronizzazione con il server. Riavvio.), forse come parte di procedure di auto-diagnostica, forse perché magari qualcuno ha premuto un tastino. Fa un po' di tutto, ottenendo un po' di niente.
  • Passata mezz'ora dall'inizio dell'evento, decido di far bloccare la tessera e farmene spedire una nuova dalla banca, piuttosto che dover accampare lì fuori per 3 giorni e 2 notti.
  • Ritorno in banca per comunicare a Gabriella (cercava di nascondersi tra una risma di fogli) che poteva estrarre la tessera e distruggerla, quando scatta l'illuminazione: una collega, forse incuriosita dalla relazione che si stava creando tra me e Gabriella, suggerisce di chiedere a Roberto.
  • Roberto. La salvezza. Roberto è un tipo, presente in filiale, camicia hawaiana, capello lungo, sguardo vivo (finalmente). In 10 secondi riassumo la situazione. "Ma è mezz'ora che aspetta?" Certo, che dovevo fare? "Aspetti che verifico". Sguardi feroci tra Roberto e Gabriella. Gabriella che cerca di negare il fatto che io fossi già entrato 3 volte (forse mi ha confuso con la nutria).
  • Roberto fa i 5 fatidici passi (per lui sono solo 3, è un po' più agile), fa scattare una serratura, fa scorrere un meccanismo su una slitta, prende la mia tessera, e richiude il tutto. "Ci voleva tanto?" è il suo commento. Sarebbe anche il mio, ma non saprei a chi rivolgerlo.
  • Documento d'identità, fotocopia, data, controfirma, ed il 30 secondi sono fuori con la mia tessera.
Forse il post dovrebbe essere un ringraziamento a Roberto, tutto sommato. Che come tutte le persone sveglie di questo mondo, fa il suo lavoro. Lo fa bene, con cortesia ed efficienza. E vorrebbe probabilmente trasferire buona parte dei suoi colleghi a vivere in un allevamento di nutrie, visto che sul lavoro non fanno altro che creare problemi ed ostacoli.

lunedì 27 giugno 2016

Piccola Odissea digitale nei libri

I libri scolastici sono una delle cose più difficili da acquistare. A volte vengono segnalati dai docenti dei testi non ancora disponibili sul mercato. Quasi sempre le librerie non li hanno in giacenza, e devono ordinarli. Molti dei negozi on-line non trattano la categoria dei libri scolastici, e quando lo fanno i tempi di spedizione e di consegna non sono quasi mai garantiti.
La salvezza, spesso è andare alla fonte, al sito dell'editore, ed acquistare da lì. È ciò che ho provato a fare oggi con un testo si Simone Scuola Editore.
Nell'ordine, le disavventure sono state:

  1. Cliccando su "Acquista cartaceo" (l'equivalente di "Aggiungi al carrello", ma usare l'etichetta universalmente nota sembrava troppo banale), il sito non funziona, e visualizza il testo di un errore PHP (sì, il testo dell'errore all'interno dell'HTML della pagina -- si trattava di un errore di sintassi). Questo succedeva ieri sera, ed anche stamattina.
  2. Oggi cerco gli indirizzi di contatto dell'editore, e scrivo loro una mail spiegando l'accaduto, e dicendo che sono intenzionato ad acquistare il libro, ma non ci riesco. Ovviamente nessun utente del sito riesce ad acquistare nessun libro, visto l'errore presente.
  3. In giornata ricevo una mail di risposta. Anzi no, non un vero "reply" al mio messaggio. Ricevo una mail da un utente di gmail.com, con oggetto vuoto, che senza citare la mia richiesta né il nome dell'editore, mi rassicura dicendo che ci sono degli interventi in corso (in produzione, dove sennò?), e che ora posso procedere all'acquisto.
  4. Torno sul sito, e finalmente il bottone funziona. Forse. Un po'. Il bottone "Acquista cartaceo", infatti fa comparire sulla destra un riepilogo del carrello, con un ulteriore bottone per procedere all'acquisto. Da notare che non c'è alcun modo per andare al carrello, se non cliccando su "Acquista" (e quindi duplicando l'acquisto richiesto. Duplicando la riga, e non aumentando la quantità, tanto le primary key non le hanno ancora inventate).
  5. Volendo confermare l'acquisto, vengo portato ad un sito diverso (quello principale dell'editore), il quale mi richiede una serie di dati (nome, indirizzo, codice fiscale, ecc.). Ovviamente il mio sesto senso mi ha impedito di inserire i miei dati di carta di credito in un sito così farraginoso, per cui ho optato per il pagamento via PayPal. Cioè, avrei optato.
  6. Dico "avrei" perché, giunti alla conferma, ho notato che il costo totale era pari alle sole spese di spedizione. Come, il libro è gratis? No, il libro proprio non c'è. Il carrello era vuoto, inesistente, con zero elementi. Più le spese di spedizione (si sa, il vuoto è difficile da trasportare). Ferma tutto.
  7. Riprovo tutto il processo più volte (con il "carrello" del primo sito che si riempie di copie dello stesso libro, ed il "carrello" del secondo sito che rimane imperterritamente vuoto). Niente. Il contenuto del carrello non si trasferisce.
Quando è troppo è troppo. Domani faccio un salto nella libreria vicino a casa. Risparmierò anche le spese di spedizione (tanto il prezzo di copertina è uguale).
E quando mi parlano di digital divide, devo ricordarmi che si tratta di cultura, capacità imprenditoriale, comprensione dei problemi, corretta implementazione, ecc ecc, e quasi per nulla di capacità di banda.

sabato 12 settembre 2015

Risolvere i problemi, all’italiana

Di fronte a problemi complessi, che coinvolgono persone, città, territori, ma anche investimenti, strategie, pianificazioni, è sempre arduo riuscire ad intervenire. Ancora più arduo intervenire correttamente, ed ancor di più riuscire a farlo tempestivamente.

Quantomeno, nella definizione “classica” della risoluzione di un problema, quanto più esso è complesso, quanto sarà articolata la sua soluzione.

Faccio un esempio: tutti ricordiamo le terribili alluvioni che hanno colpito la Liguria nel 2011 ed ancora nel 2014, devastando strade, abitazioni, automobili, e causando vittime umane. Nell’analisi degli eventi, gli esperti concordavano sulla necessità di complessi ma urgenti interventi alla viabilità, alle strutture idrogeologiche, ed all’urbanizzazione.

Ma gli italiani, si sa, sono creativi. Amano trovare soluzioni originali ai problemi, anche i più complessi. E con la loro creatività riescono anche a scovare soluzioni infinitamente più semplici (ed efficaci?), che a tutti gli altri sfuggono. La creatività italiana, come potremmo farne a meno?

Ed infatti, la soluzione italiana ai problemi degli allagamenti liguri è quantomeno geniale, come testimonia questa fotografia.

cartello stradale di pericolo, con testo: zona soggetta ad allagamenti in caso di forti piogge

Cosa dicevo? problema risolto. È stato sufficiente disseminare cartelli come questi in tutte le strade, e non ci potrà mai più essere alcuna alluvione imprevista.

Come dicevo? Geniale? Appunto.

venerdì 13 febbraio 2015

Si prega di guardare in alto

È quasi finito. Dopo le lotte, le proteste, le prese di posizione. Dopo i lavori, le gru, le mega-macchine da costruzione. Dopo transenne, deviazioni stradali, sensi unici provvisori a sorpresa. Dopo innumerevoli progettisti, ancor più innumerevoli operai, ed enormemente più innumerevoli spettatori (ammiratori o antagonisti). Il grattacielo Intesa Sanpaolo di Corso Inghilterra è quasi finito.

Nelle ultime settimane si assiste infatti allo scaricamento di arredi, sedie, distributori del caffè, ed altri oggetti per interni, il che lascia presumere che la parte edilizia ed impiantistica siano completate.

Nuovo marciapiede a fianco del grattacielo

Contemporaneamente, anche le sistemazioni esterne iniziano ad assumere la forma definitiva: la viabilità è ormai sgombra dalle aree di cantiere che l’avevano soffocata per 2 anni, ed è comparso uno spaziosissimo marciapiede (vera manna per coloro che si erano abituati ad un quotidiano guado nel fango).

C’è chi lo odia, c’è chi ho ammira, ma nessuno riesce a sottrarsi dal guardare verso l’alto, passandoci a fianco.

Direi che i progettisti sono così sicuri che lo sguardo dei passanti sia volto verso l’alto, che non si sono curati di realizzare il marciapiede in modo decente. Per una volta, fate l’esercizio di guardare verso il basso ed esaminare la pavimentazione in pietra.

Troverete pietre sconnesse, molte scheggiate o fratturate, alcune lisce ed altre più grezze, con scalini anche di 1 cm tra pietra e pietra. Troverete le fughe a larghezza variabile (tanto che stanno pensando di utilizzarle per la nuova versione di /dev/random), le macchie di olio (si sa, perenni) e pneumatici. Troverete le pietre intorno alle piante quasi sempre spezzate o fessurate.

Nulla di grave, per carità, basta fare attenzione e non inciampare. Però, per un’opera faraonica, anche i dettagli (e, guarda caso, gli unici dettagli fruibili dai cittadini) dovrebbero essere a regola d’arte. Basta fare 4 passi, attraversare via Cavalli, e confrontare il marciapiede di fronte al palazzo della Provincia, alle uscite della stazione di Porta Susa. Ecco, quello è un marciapiede ben fatto.

giovedì 9 ottobre 2014

Divertimento innocuo (?)

Nelle giornate di noia ci sono molti modi per ingannare il tempo, divertimenti più o meno intelligenti, più o meno finalizzati.

E poi ci sono dei “divertimenti” che veramente sono più difficili da comprendere. Come questo:

2014-09-08 10.47.33 scala mobile

A quanto pare il pulsante rosso (arresto d’emergenza della scala mobile) non solo può servire in caso di reale bisogno, ma per taluni può anche essere fonte di divertimento.

Regalo mazzi di carte per giocare a solitario, fate meno danni ed imparate di più…

mercoledì 10 settembre 2014

Per equità e reciprocità

La terza legge di Newton, in una versione adattata e rivista al pressapochismo moderno, recita che ogni cazzata fatta ne genera un’altra uguale e contraria.

Applicando questa legge all’ultimo post sugli occhiali, dove ci siamo scontrati con una traduzione italiana traballante, dovremo necessariamente trovare una traduzione uguale e contraria. Uguale nel senso di ugualmente terrificante. Contraria nel senso che questa volta saranno gli italiani ad avere tradotto un messaggio in una lingua estera. Diciamo una lingua facile, ben conosciuta: l’inglese.

Information: we advise all passenger to validate your ticket, in the green machine, before leaving.

Ovviamente è lodevolissimo l’impegno degli impiegati ferroviari nel cercare di aiutare gli stranieri a districarsi tra la giungla di macchinette, emettitrici, bollatrici, cambiamonete, e chipiùneha. Ma sarebbe stato semplice fermare uno di questi stranieri, magari madrelingua, e chiedere: «si capisce?»

lunedì 8 settembre 2014

Il tuo occhiale perde bicchieri

Quest’estate non è stata particolarmente calda, quindi non può essere il caldo eccessivo ad avermi dato alla testa, facendomi scrivere un titolo senza senso per questo post.

Il tutto deriva da un esilarante (o tragico) errore di traduzione che ho trovato sull’annuncio di richiamo di un prodotto (occhiali da sole per bambini)

2014-08-29 22_04_21-Richiamo prodotto Decathlon

Poiché il testo è difficile da leggere, lo riporto qui sotto (grassetto mio per evidenziare gli strafalcioni). Non rispondo di parti del corpo che vi dovessero cascare durante la lettura.

Richiamo prodotto

Vi invitiamo a riportare in negozio i lunettesde sole bambino della marca ORAO inserisco in campionario BEARO 0 0-2 blu / rosa / minima / arancioni (numeri vari inutili) acquistate tra il 1 Marzo ed i Giugni2014. Abbiamo scoperto una mancanza di solidità sugli occhiali.All’epoca di certe manipolazioni, un bicchiere può staccarsi dalla montatura, col rischio di essere messo nella bocca.

Sapere ne di più.

E chiamare un traduttore vero, anziché un surrogato ritardato di Google Translate? O forse sarebbe più adeguato un esorcista, visto il concentrato di orrori?

lunedì 1 settembre 2014

Conversazioni all’acqua fresca

Il titolo è da intendersi letteralmente: parliamo di conversazioni che si svolgono presso i distributori pubblici di acqua (ufficialmente dette “punto acqua” o “punto smat”, o ancora “punto acqua smat”, a seconda dei documenti che leggete). Volgarmente detta “la casetta dell’acqua”.

Punto Acqua Smat

L’esperienza di andare a prelevare l’acqua è molto socializzante: si incontrano sempre persone diverse, tutte del paese o del circondario, e nell’attesa inevitabilmente si scambiano quattro parole. O solamente si osservano i comportamenti altrui e se ne origliano le conversazioni.

Una conversazione mi è rimasta particolarmente impressa.

Chi non conoscesse le casette, sappia che vi è un erogatore (rubinetto) di acqua gassata e refrigerata (di solito a pagamento, 0,05 € per 1,5 litri) e due erogatori di acqua naturale (gratuita): uno a temperatura ambiente ed uno refrigerato.

acqua naturale (1)

Di fronte a questi due erogatori, una signora parlava con un’amica, e la discussione verteva sulle etichette: a sinistra “Acqua naturale”, a destra “Acqua naturale refrigerata”.

Stralcio di conversazione:

  • Signora 1: “Chissà che differenza c’è tra le due acque”
  • Signora 2: “Non so, ma io prendo sempre quella refrigerata”
  • S1: “E perché?”
  • S2: “Mio figlio vuole solo quella”.

Non so da che parte cominciare. Se dal significato della parola “refrigerata”, che evidentemente è troppo astruso. Se dal figlio, che non credo che decida di bere 6 litri d’acqua appena ricevuti, e quindi necessariamente l’acqua refrigerata tornerà a temperatura ambiente. Se da entrambi, che non pensano che il frigorifero di casa possa refrigerare l’acqua in ugual modo. O se dalla madre, che supinamente asseconda un capriccio del figlio senza comprenderlo né condividerlo (e dall’età di S2, direi che il figlio poteva essere maggiorenne o giù di lì).

Per evitare dubbi, io ho prelevato acqua gasata.

venerdì 29 agosto 2014

‘Agosto’ rima con ‘costo’

Molte cose possono succedere d’estate, in particolare in agosto, che è certamente il mese più distratto dell’anno.

Complice la distrazione, le tariffe tendono ad essere ritoccate (al rialzo, ovviamente, perché la deflazione è una cosa brutta). Questa volta è toccata al costo del parcheggio associato alla stazione ferroviaria di Chivasso (piazzale Ceresa). E che ritocchino!

Biglietti abbonamento mensile: Luglio €7,30, Settembre €9,00

Non fatevi trarre in inganno dal cambio di colore (da azzurro a verde), di formato (qualche mm più alto), si tratta esattamente dello stesso servizio. Ed il prezzo è variato di quasi 2 euro su una base di 7… un notevole balzo, direi.

Per chi non crede ai propri occhi (o è arrugginito con le percentuali) ecco cosa ci dice Wolfram Alpha: +23,29%. Non c’è che dire, complimenti!

Wolfram Alpha: percent increase from 7.30 to 9.00

L’unica speranza è che l’aumento sia destinato al comune di Chivasso (e non alla società di gestione, che non fa nulla), e che serva per migliorare le condizioni di accesso alla stazione (ad esempio fare un collegamento pedonale non abusivo tra il suddetto piazzale Ceresa e la stazione vera e propria). Se so sognando, non risvegliatemi.

venerdì 4 aprile 2014

Facili predizioni

Nel mio post “Ad abundantiam” ho riportato una fotografia (di fine maggio 2013) di 3 macchinette obliteratrici presso la stazione di Chivasso, messe così vicine tra loro da risultare inutili.

Nel post precedente, deducevo che “sono lì perché, se una o due fossero guaste, ce ne sarebbe almeno una funzionante”.

Ed infatti ecco la situazione aggiornata a fine febbraio 2014:

Una macchinetta funzionante, una con cartello "guasta" ed una totalmente rimossa

Delle tre macchinette, una è stata rimossa, una e guasta e la terza rimane attiva e funzionante.

La mia previsione si è avverata in pieno, non perché abbia capacità profetiche, ma perché i meccanismi della gestione italioide delle infrastrutture è fin troppo prevedibile.

giovedì 19 settembre 2013

Tripla negazione

Il marketing, si sa, trascende.

Il linguaggio del marketing, in particolare, trascende ogni regola logica, grammaticale, matematica o fisica.

mondovicino-poster

Questo non è altro che uno dei tanti manifesti (rigorosamente in formato 200x150, e rigorosamente replicati in decine di copie) con cui vi potete imbattere in uno dei vari outlet, in questo caso quello monregalese.

Il contenuto semantico è, come sempre, quasi nullo e del tutto prevedibile: sconti, offerte, opportunità, vantaggi, e permutazioni più o meno casuali di queste parole abusate ed autoreferenziali sono ciò che ci possiamo aspettare in ogni outlet d’Italia.

Ma il diavolo, anche questa volta, abita nei dettagli, e si manifesta non appena cerchiamo di analizzare il significato della dichiarazione (presumibilmente) più interessante: l’entità dello sconto.

mondovicino-dettaglio

Innanzitutto la definizione di “sconto” è una riduzione del prezzo. Pertanto uno sconto del 10% comporterà una riduzione del costo di un bene. Ma uno sconto negativo? Se la matematica non ci abbandona, uno sconto negativo corrisponde ad un incremento del prezzo. Addirittura, uno sconto del –50% significa gonfiare di una volta e mezza il valore.

Non paghi di questa assurdità, gli autori hanno deciso di usare (o meglio, abusare) la classica locuzione “a partire da”, che in gergo markettaro significa “non ve lo sognate neppure, tanto è difficile il verificarsi della congiunzione astrale che vi permetterebbe anche solo di avvicinarvi a tale valore”.

In senso matematico “a partire da” di traduce come “maggiore o uguale a”. Ma qui dobbiamo intenderlo in senso algebrico (sconto >= –50%) oppure in valore assoluto (|sconto| >= |–50%|)? Nel primo caso avremmo forse qualche possibilità che lo sconto diventi effettivamente positivo (e quindi riduciamo i prezzi). Ma il secondo caso è probabilmente quello che appare più intuitivo, e quindi potremo dilettarci con sconti negativi (cioè aumenti) del –70% o addirittura, regaliamo tutto, del –100% od oltre.

La confusione è data dalla combinazione di tre negazioni: il concetto di sconto, già intrinsecamente negativo; il segno meno di fronte al valore numerico; il concetto di “a partire” che non ha un verso predefinito, e quello algebricamente valido non sempre coincide con quello intuitivamente percepito.

Anzi no, la confusione è data dall’ignoranza degli autori.

giovedì 5 settembre 2013

Marciapiedi puliti… magari con l’ironia?

Condivido questo interessante volantino comparso in molte vie della cittadina ligure dove ho passato la vacanza, affisso su vari muretti e pali.

Condivido al 90% il senso della campagna e gli ironici attacchi contenuti nel volantino. Come sempre succede, l’inciviltà di una minoranza di trogloditi si riflette sulla serenità della maggioranza di cittadini educati. [Il 10% che non condivido è la frase finale: il problema è di educazione e civiltà, non di politica o amministrazione].

Ce la potrà fare la chiave ironica a recuperare un barlume di civiltà e responsabilità nei trogloditi? O si sentiranno ancora più superiori, vantandosi dell’impatto (anche comunicativo) che la loro arroganza riesce ad avere?

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lunedì 2 settembre 2013

Soddisfazione preventiva

In fondo è uno dei principi chiave della qualità: essere in grado di valutare il grado di soddisfacimento delle aspettative per qualsiasi prodotto o servizio. E quando si tratta di un servizio rivolto ad utenti umani, il metodo per valutarlo è quasi invariabilmente l’erogazione di un questionario.

Devono averlo pensato anche al Ministero dell’Economia e delle Finanze ed in particolare alla CONSIP, che gestisce il Portale degli acquisti della pubblica amministrazione (come pomposamente si autodefinisce il sito acquistinretepa.it).

Ed infatti, puntuale come la fine delle vacanze, è arrivata una gentile e-mail che mi invitava a valutare il mio grado di soddisfacimento relativamente all’utilizzo del Contact Center.

consip-survey

Di fronte a tanta solerzia, mi sono sentito onorato.

Anzi, mi sono sentito ancora più onorato perché non ho mai usufruito del Contact Center e non ho mai chiamato il numero verde. Onoratissimo: vogliono addirittura sapere quanto sono soddisfatto del servizio, ancor prima di utilizzarlo.

Che si tratti dell’ultima frontiera nella gestione della qualità? La soddisfazione immaginata?

lunedì 29 luglio 2013

Nais trai (Nice try)

Luogo di villeggiatura marina. C’è un’ottima pizzeria da asporto, pizze molto buone e focaccine terribilmente appetitose. Infatti il problema principale sono le lunghe code di attesa negli orari di punta.

I gestori sono anche attenti alla raccolta differenziata, ed alla clientela internazionale. O forse, più alla raccolta differenziata che agli utenti internazionali.

Solo piatti e bicchieri di plastica (only plastic glasses and plats) / Avanzi di cibo (scrap for food)

Forse il neologismo “Plats” si avvicina all’esperanto, ibridando “Piatto”, “Plat” (francese), “Plate” (inglese) e “Platte” (tedesco).

Di più difficile interpretazione è invece lo “Scrap for food” (letteralmente: rottame per il cibo), probabilmente fa riferimento ad una sensibilità ecologica futuristica iper-spinta, in cui ci si potrà nutrire di rottami (speriamo organici).

In ogni caso, la pizzeria è fantastica ed assolutamente da consigliare. Magari qualche cliente potrebbe dare una mano nelle traduzioni: per due porzioni di focaccine proverò a propormi!