domenica 30 giugno 2019
Risoluzione Infinita
Tutta fiera, la bolletta di SEN (Servizio Elettrico Nazionale), che ancora ricevo in formato cartaceo (sarò retrogrado, probabilmente), mi spinge ad attivare Bollett@ Online, per ricevere le bollette via e-mail anziché via posta. Di per sé nulla di strano (a parte che l’utilizzo del ‘@’ nel nome mi ha fatto ripiombare negli anni ‘90 quando ciò “faceva moderno”. Ehi, mi fanno addirittura lo sconto di 6 euro l’anno! Come perdere questa golosissima occasione?
Ed è anche facile: basta inquadrare il QR code con lo smartphone. Ecco:
Qual è il problema? proprio il QR code. Quel codice è illeggibile. No, non all’occhio umano, ma a qualsiasi smartphone. I pixel sono troppo piccoli, perché il testo contenuto nel codice sarà troppo lungo. Aggiungiamo che viene stampato con una risoluzione scadente, su carta imperfettamente ruvida, ed il risultato è garantito: il codice non ha la risoluzione grafica sufficiente per essere decodificabile.
[Nota: lo ‘zig-zag’ è stato aggiunto per proteggere gli eventuali dati presenti, non fa parte del codice originale]
Questa è una lunga catena di incompetenza: dal programmatore dei sistema di backend, che ha fornito una URL (sarà una URL?) esageratamente lunga (mai conosciuti gli URL shortener), al programmatore che ha adattato il software per la creazione delle bollette, aggiungendo il QR code, senza porsi il problema della dimensione, al grafico che ha impaginato la bolletta senza rendersi conto che stava inserendo un elemento illeggibile, al controllo qualità (ma ci sarà) che probabilmente non aveva idea di cosa fosse il QR code, a parte che era una cosa “moderna” e “digitale”.
C’è questa illusione che il digitale sia infinitamente preciso e privo di errori, ma il concetto base del digitale è proprio la quantizzazione dell’informazione che avviene ad ogni interfaccia tra il mondo digitale e quello analogico. Sono parole troppo difficili. Bisogna pensare. Ed avere persone competenti. Meglio far finta di essere in una puntata di CSI, dove si può zoomare all’infinito in qualsiasi immagine.
sabato 16 marzo 2019
Pigrecate
Anche quest’anno è appena passato il 14 marzo, che internazionalmente è il giorno dedicato a PiGreco (3.14). Il bello di questa ricorrenza è che si sentono ripetere molte scemenze pseudo-matematiche. E molti ad applaudirle a bocca aperta, dimostrando di non voler applicare la dose minima di ragionamento e senso critico.
La mia preferita? il fatto che PiGreco, poiché è un numero trascendente, e come tale ha un’espansione decimale infinita e non periodica, comprenderebbe nella sua espansione qualsiasi sequenza di cifre (quindi anche il tuo compleanno, il tuo saldo in banca, il numero di telefono di Belen, il risultato della prossima estrazione del SuperEnalotto, e così via). Molto poetico ed ispiratore, ma purtroppo falso (o meglio, non è noto se sia vero).
Ricordiamo i fatti (mi scusino i matematici veri per le semplificazioni):
- è vero che l’espansione di PiGreco è infinita
- è vero che tale espansione non è periodica (ossia non esiste una sequenza di cifre che, da un certo punto in avanti, si ripete sempre uguale)
- queste proprietà sono valide in qualsiasi base si esprima il numero.
Ma l’infinito è grande. Il fatto che ci siano infinite cifre, sempre diverse, non implica che una determinata sequenza debba necessariamente essere presente. Posso andare avanti con infinite cifre senza mai ripetermi ed evitando sempre (ad esempio) la sequenza 111222333444.
Dimostrazione:
- Esprimete PiGreco in base 9. PiGreco=3,124188124074472… (fonte OEIS)
- Ovviamente, avrà una espansione infinita e non periodica.
- Ma, per costruzione, la sua espansione (pur essendo infinita e non periodica) non conterrà mai la cifra ‘9’ (che in base 9 non esiste)
- Ora, rileggiamo il numero in base 10 (non vale più PiGreco, ma non importa)
- Avremo una sequenza numerica infinita, non periodica, che non conterrà mai ‘9’ né alcuna sequenza che contenga ‘9’.
Quindi non è detto che un numero trascendente possa contenere ogni possibile sequenza. Per poterlo dire sarebbe necessario ipotizzare in più che PiGreco sia un Numero Normale (il che non è al momento ancora noto), ed anche il tal caso sarebbe vero solamente in senso statistico (la probabilità di trovare una sequenza tende al 100%).
Se vogliamo costruire un numero che contenga ogni possibile sequenza, c’è un metodo molto più semplice (anche se meno poetico-evocativo):
0, 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 … 98 99 100 101 102 … 999 1000 1001 … (Ha anche un nome: è la costante di Champernowne)
È un po’ lungo, e decisamente noioso, ma tanto l’infinito è grande e c’è spazio per tutti… prima o poi troverai il numero che ti serve.
P.S. se ho commesso degli errori matematici, sarei ben lieto di essere corretto.
lunedì 31 dicembre 2018
The Death of Expertise
Il testo analizza la tendenza attuale per cui la “gente comune” sta sviluppando una sempre maggiore sfiducia nei confronti degli “esperti”, cercandone le cause ed ipotizzandone le gravi conseguenze in termini di impatto sulla società e sulla democrazia.
La lettura è molto interessante ed aiuta a riflettere sulle dinamiche sociali (soprattutto online, ma anche di persona) e sulle contromisure che gli “esperti” possono adottare. La conclusione del testo, purtroppo, è decisamente pessimistica.
Certamente lo posso consigliare a chi è interessato ad approfondire l’argomento. Due i difetti principali: una certa lunghezza e ripetitività (probabilmente metà delle pagine sarebbe stata sufficiente) e l’analisi molto legata alla realtà (della politica, della democrazia, dei media) statunitense, anche se molte delle dinamiche sono evidentemente trasferibili anche alla realtà italiana.
mercoledì 1 giugno 2016
Numeri, non aggettivi
Avevo conosciuto David MacKay anni fa, nel progetto europeo COGAIN. All'epoca non si occupava ancora di tematiche ambientali, ma era evidente dal suo modo di agire e di parlare come fosse una persona amante dell'oggettività dei fatti e della forza della statistica e della teoria dell'informazione nel condurre scelte razionali.
Nel progetto COGAIN, ci aveva presentato il suo progetto Dasher (http://www.inference.phy.cam.ac.uk/dasher/), un approccio terribilmente innovativo alla possibilità di scrivere (comporre testo) da parte di utenti con disabilità motorie. Mi ricordo ancora la sua "demo" nella quale riusciva a scrivere, con una notevole velocità, delle frasi sul suo PC semplicemente "respirando".
Dal gruppo di David, è anche nato il progetto Nomon (http://www.inference.phy.cam.ac.uk/nomon/), un diverso approccio alla scrittura accessibile, sembre basato sulla statistica. Nella sua tesi di dottorato Sebastián Aced ha utilizzato Nomon come spunto di partenza per realizzare dei videogiochi accessibili sviluppando la libreria GNomon (http://elite.polito.it/…/research-topi…/266-accessible-games).
Ovviamente, ora non potrò fare a meno di andarmi a studiare i suoi studi sul clima e sull'energia. Potete trovare on-line, scaricabile gratuitamente e tradotto in molte lingue, il suo testo "Sustainable Energy – without the hot air", ossia "Energia Sostenibile - senza aria fritta". Sono 383 pagine dense di dati, affermazioni, ragionamenti e conclusioni spesso contrarie al senso comune ed a ciò che i governi ed i media ci "insegnano" a proposito dell'energia. Attenzione: non si tratta di un libro complottista fuffaro con conclusioni ad minchiam. Si tratta di un libro di scienza, lucido e razionale. E può essere scomodo come solo la lucidità e la razionalità, accompagnate dai dati, possono essere. Consiglio a tutti la lettura (a piccole dosi, ovviamente), o quantomeno lo studio della sintesi breve di 10 pagine (anche in italiano).
Mi unisco incondizionatamente al suo credo: "numeri, non aggettivi". Sogno un mondo in cui questo metodo di lavoro sia applicato a tutti i campi del sapere e della società.
Nota: reposted (extended) from Facebook
sabato 12 settembre 2015
Risolvere i problemi, all’italiana
Di fronte a problemi complessi, che coinvolgono persone, città, territori, ma anche investimenti, strategie, pianificazioni, è sempre arduo riuscire ad intervenire. Ancora più arduo intervenire correttamente, ed ancor di più riuscire a farlo tempestivamente.
Quantomeno, nella definizione “classica” della risoluzione di un problema, quanto più esso è complesso, quanto sarà articolata la sua soluzione.
Faccio un esempio: tutti ricordiamo le terribili alluvioni che hanno colpito la Liguria nel 2011 ed ancora nel 2014, devastando strade, abitazioni, automobili, e causando vittime umane. Nell’analisi degli eventi, gli esperti concordavano sulla necessità di complessi ma urgenti interventi alla viabilità, alle strutture idrogeologiche, ed all’urbanizzazione.
Ma gli italiani, si sa, sono creativi. Amano trovare soluzioni originali ai problemi, anche i più complessi. E con la loro creatività riescono anche a scovare soluzioni infinitamente più semplici (ed efficaci?), che a tutti gli altri sfuggono. La creatività italiana, come potremmo farne a meno?
Ed infatti, la soluzione italiana ai problemi degli allagamenti liguri è quantomeno geniale, come testimonia questa fotografia.
Cosa dicevo? problema risolto. È stato sufficiente disseminare cartelli come questi in tutte le strade, e non ci potrà mai più essere alcuna alluvione imprevista.
Come dicevo? Geniale? Appunto.
giovedì 9 ottobre 2014
Divertimento innocuo (?)
Nelle giornate di noia ci sono molti modi per ingannare il tempo, divertimenti più o meno intelligenti, più o meno finalizzati.
E poi ci sono dei “divertimenti” che veramente sono più difficili da comprendere. Come questo:
A quanto pare il pulsante rosso (arresto d’emergenza della scala mobile) non solo può servire in caso di reale bisogno, ma per taluni può anche essere fonte di divertimento.
Regalo mazzi di carte per giocare a solitario, fate meno danni ed imparate di più…
lunedì 1 settembre 2014
Conversazioni all’acqua fresca
Il titolo è da intendersi letteralmente: parliamo di conversazioni che si svolgono presso i distributori pubblici di acqua (ufficialmente dette “punto acqua” o “punto smat”, o ancora “punto acqua smat”, a seconda dei documenti che leggete). Volgarmente detta “la casetta dell’acqua”.
L’esperienza di andare a prelevare l’acqua è molto socializzante: si incontrano sempre persone diverse, tutte del paese o del circondario, e nell’attesa inevitabilmente si scambiano quattro parole. O solamente si osservano i comportamenti altrui e se ne origliano le conversazioni.
Una conversazione mi è rimasta particolarmente impressa.
Chi non conoscesse le casette, sappia che vi è un erogatore (rubinetto) di acqua gassata e refrigerata (di solito a pagamento, 0,05 € per 1,5 litri) e due erogatori di acqua naturale (gratuita): uno a temperatura ambiente ed uno refrigerato.
Di fronte a questi due erogatori, una signora parlava con un’amica, e la discussione verteva sulle etichette: a sinistra “Acqua naturale”, a destra “Acqua naturale refrigerata”.
Stralcio di conversazione:
- Signora 1: “Chissà che differenza c’è tra le due acque”
- Signora 2: “Non so, ma io prendo sempre quella refrigerata”
- S1: “E perché?”
- S2: “Mio figlio vuole solo quella”.
Non so da che parte cominciare. Se dal significato della parola “refrigerata”, che evidentemente è troppo astruso. Se dal figlio, che non credo che decida di bere 6 litri d’acqua appena ricevuti, e quindi necessariamente l’acqua refrigerata tornerà a temperatura ambiente. Se da entrambi, che non pensano che il frigorifero di casa possa refrigerare l’acqua in ugual modo. O se dalla madre, che supinamente asseconda un capriccio del figlio senza comprenderlo né condividerlo (e dall’età di S2, direi che il figlio poteva essere maggiorenne o giù di lì).
Per evitare dubbi, io ho prelevato acqua gasata.
lunedì 14 aprile 2014
Visitate Escher al Filatoio di Caraglio
Ieri ho fatto una gita nel cuneese per visitare la mostra “L’enigma Escher” installata presso il Filatoio di Caraglio (CN).
Come ogni nerd che si rispetti, conoscevo già da tempo le principali opere di Escher, che è stato in grado di visualizzare concetti molto astratti (come l’infinito, la ricorsione, i limiti, l’autoreferenzialità) in forme graficamente accattivanti e decisamente ipnotizzanti.
Confesso che la visione dal vero, a grandezza naturale, è decisamente più appagante e completa rispetto alle riproduzioni su un libro od alle immagini viste su un PC. Impressionante la dimensione di “Metamorphosis II”, che occupa la larghezza di un’intera stanza. Ed il mio preferito continua ad essere “Relativity”.
La mostra è aperta fino a fine giugno, ne consiglio decisamente la visita, se passate da quelle parti.
Per completare la giornata, è anche visitabile il Filatoio, l’edificio che ospita la mostra, e che anticamente veniva utilizzato per creare il filo da seta a partire dai bozzoli dei bachi da seta coltivati in Piemonte. Impressionanti i macchinari ricostruiti fedelmente, al 98% in legno ed azionati ad energia idraulica, per la lavorazione del filato. Si vede un esempio dell’imponente macchina al lavoro in questo video, circa dal minuto 4:40.
Ed adesso mi è tornato un forte desiderio di rileggere l’epico “Gödel, Escher, Bach: An Eternal Golden Braid”: spolveriamolo per le vacanze estive.
lunedì 27 maggio 2013
Italian Scratch Festival
Lo scorso 18 maggio 2013 si è tenuto l’annuale Italian Scratch Festival, organizzato dalla Associazione Dschola ed ospitata nel bellissimo auditorium della scuola ITI Majorana di Grugliasco (TO).
Sono molto contento di essere stato invitato a fare parte della giuria, per valutare i video-giochi realizzati in Scratch dagli studenti di prima e seconda superiore. Abbiamo dovuto valutare gli 11 lavori finalisti che erano stati pre-selezionati da un comitato (che comprendeva anche altri studenti).
I videogiochi erano tutti molto divertenti e giocabili. Molti avevano una buona progressione di gioco, e cercavano di ricostruire le dinamiche di intrattenimento che si vedono in prodotti molto più blasonati. Mi sono anche divertito a spulciare il “sorgente” dei programmi, trovando soluzioni tecniche anche interessanti.
Ed il tutto svolto da ragazzi che avevano una formazione solo iniziale di informatica, ma compensata da molto interesse e molta passione.
Questa è una foto di gruppo dei 5 vincitori (ma anche gli altri 6 erano quasi altrettanto in gamba), insieme agli organizzatori ed ai ‘giudici’.
Sono persone come queste, di cui abbiamo bisogno per il futuro. Ragazzi determinati ed appassionati, che sudano lunghe ore per realizzare il loro prodotto, che non si intimoriscono a parlare di fronte a 200 loro coetanei (non sempre del tutto rispettosi), che non cercano di nascondere le debolezze dei propri programmi ma le evidenziano come spunti di miglioramento, che attraversano l’Italia da Sud a Nord per sfidare i compagni sulla loro passione comune, che non cercano di ricalcare il triste cliché del bulletto ma cercano di essere sé stessi ed esserlo con orgoglio, anche se un po’ nerd.
Incoraggiamoli. Difendiamoli. Coltiviamoli. Costruiranno il nostro futuro.
venerdì 16 novembre 2012
Laurea in Scale Mobili
Alcune attività quotidiane sono di semplice esecuzione (es. aprire una porta). Altre, invece, richiedono un po’ più di attenzione e concentrazione (es. cuocere la pasta). Alcune, infine, richiedono una formazione ed abilità specifica (es. stirare).
Ovviamente queste categorie non sono universali, ed alcune attività che per molti sembrano semplici, evidentemente sono complesse per altri, al punto che occorre essere “esperti” per poterle compiere.
Personalmente, ho indugiato un po’ di fronte a questo cartello, cercando di interrogarmi se fossi sufficientemente esperto per l’arduo compito di salire su una scala mobile (in salita, per giunta!).
Fortunatamente, a fianco del cartello, c’era un altoparlante che spiegava a ripetizione, in più lingue, le istruzioni d’uso della scala mobile. Così, pur non avendo una laurea specifica in Scale Mobili, ho acquisito quel tanto di esperienza che mi ha permesso di prendere coraggio e salire.
p.s. ringrazio l’Aeroporto di Napoli per l’esilarante esperienza
mercoledì 14 novembre 2012
Wi-Fi free, anzi no, anzi sì
Ormai dovrebbe essere scontato, visto che sono stati eliminati anche gli ostacoli legislativi. Le reti Wi-Fi libere (e gratuite) dovrebbero essere ovunque, certamente negli hotel.
Ed infatti il Wi-Fi gratuito era pubblicizzato ovunque, anche in ascensore, con grandi pannelli 70x100cm.
Può essere discutibile la denominazione “Wi free”, ma si sa, per ogni cosa occorre creare un nuovo marchio, per avere l’illusione di appropriarsene. Ma il messaggio è chiaro.
Ed infatti, appena in camera, una bella rete Wi-Fi (nella fattispece, swisscom, ma non fa differenza) fa bella mostra di sé. La sorpresa arriva subito dopo la connessione: l’odiatissima quanto onnipresente pagina di login, che ti permette di scegliere tra diverse convenientissime (!!) offerte.
Si passa da un favoloso 6 euro/ora, fino ad un allettante 10 euro/24 ore. La differenza tra Economy e Business sembra essere la quantità di banda disponibile in ingresso e in uscita (banda garantita? non credo, forse banda massima). Ma veramente qualcuno sarebbe disposto a farsi truffare pagando queste tariffe completamente fuori mercato? Con 18 euro ti compri quasi una SIM 3G, compreso il traffico Internet per un mese…
Ma la vera domanda è: come si conciliano le due informazioni totalmente contrastanti? All’italiana, ovviamente. Vai alla reception, chiedi spiegazioni, e ti danno un fogliettino di carta con stampati i codici di accesso per le prossime 24 ore. Probabilmente nella fascia Economy, visto che la banda era talmente limitata da non riuscire neppure a vedere un video di youtube.
Altro che attenzione per il cliente… Non impareremo mai…
venerdì 26 ottobre 2012
(Sno)Beata gioventù
Questa mattina, treno di pendolari MI-TO. Giovane ragazza, sui 20, aspetto serio, pulito, ordinato, iPhone e cuffiette. Atteggiamento tranquillo, abbigliamento sportivo impeccabile, non un capello fuori posto.
Sul sedile accanto (nulla di male, il treno non era pieno) borsa, cartellina, quotidiano.
Stazione di arrivo, si alza, prende la sua roba, esce. Lasciando il quotidiano sul sedile.
Un piccolo gesto, ma che indica (1) mancanza di rispetto per chi dovrà riassettare il vagone, (2) mancanza di abitudine alla cura degli ambienti in cui si vive, sia nei confronti di chi verrà dopo di lei, sia nei confronti della raccolta rifiuti, (3) mancanza di considerazione per il costo del giornale, abbandonato lì senza neppure averlo letto tutto (a giudicare dal suo stato, senza averne letto neppure il 10%). Tanto paga qualcun altro. Tanto a sistemare ci pensa qualcun altro.
Per fortuna conosco tanti altri ragazzi, magari più scapigliati o disordinati o chiassosi, ma con più attenzione alle persone ed alle cose che li circondano.
martedì 24 luglio 2012
Onlain (on-line all’italiana)
Sarà uno dei tanti equivoci dovuti alla traduzione. Si sa, noi italiani amiamo utilizzare termini stranieri, soprattutto inglesi, per poterli storpiare ed interpretare con significati diversi dall’originale.
Ma partiamo dall’inizio.
Ho un conto corrente in una banca on-line. Nulla di strano, semplicemente è molto comodo per tutti coloro che hanno difficoltà nel doversi recare il filiale in orario diurno (e magari con file anche notevoli). Vai on-line, ed anche alle 10 di sera riesci a sbrigare tutte le tue pratiche.
Quasi tutte, cioè.
Infatti, pochi giorni fa ho richiesto un nuovo libretto di assegni: la richiesta avviene sul sito, poi per posta arriva il libretto, che dovrai poi attivare e confermare nuovamente sul sito. Procedura standard e collaudata.
Salvo che qualche “innovatore” nella banca ha deciso che il libretto di assegni, anziché essere inviato via posta ordinaria (come avveniva in passato, tanto se non li attivi quegli assegni sono carta straccia), viene ora inviato per posta raccomandata. Domandina per il nostro innovatore: l’utente tipo di una banca on-line, secondo voi, è a casa nelle ore di consegna delle raccomandate? Risultato, mezz’ora di tempo rubata per fare la fila alle Poste e ritirare la raccomandata (sono stato fortunatissimo, c’era pochissima coda).
Probabilmente gli innovatori “nostrani” non hanno ancora chiara la differenza tra “on-line” (accessibile tramite computer ed Internet) ed “on line” (in fila, in coda).
mercoledì 30 maggio 2012
Ingannare gli ingannatori
La sicurezza (monitoraggio, anti intrusione, videosorveglianza, annessi e connessi) è sempre stata una questione di rapporti di forza. I malintenzionati diventano più abili, i sistemi diventano più sofisticati, e le due cose si rincorrono in una sorta di corsa agli armamenti evolutiva.
E l’evoluzione, si sa, procede per tentativi in tutte le direzioni possibili. Non solo quelle della sofisticazione, ma anche quella dell’inganno. In questo caso sembra un tentativo di security through obscurity, che può avere qualche successo sulla fascia dei malintenzionati meno smaliziati: sono prodotti che esistono sul mercato da parecchi anni, ma ora hanno raggiunto anche la grande distribuzione.
venerdì 4 maggio 2012
Ceci n’est pas un banc
È famoso il disegno di René Magritte “La trahison des images” in cui il pittore ci fa riflettere sulla relazione tra un oggetto e la sua rappresentazione, grazie alla famosa didascalie Ceci n’est pas une pipe.
Un messaggio dello stesso tipo, seppur probabilmente involontario, è riconoscibile in questo cartello in cui sono recentemente incappato.
Logica vorrebbe che l’oggetto possa essere una panca, oppure non essere una panca:
- Se fosse una panca, dovrebbe essere sufficientemente robusta da potercisi sedere sopra, ed il cartello non dovrebbe vietarlo.
- Se non fosse una panca, non ci sarebbe bisogno del cartello perché nessuno si sentirebbe legittimato a sedervisi, e comunque il cartello non la dovrebbe chiamare “panca”.
In realtà si tratta solo di uno sfortunato banchetto espositivo (su cui appoggiare riviste, brochure, piccoli oggetti) che per forma e dimensione ricorda vagamente una panca.
P.S. mi scuso con gli autori del cartello per la mia pignoleria e li saluto con simpatia
lunedì 30 gennaio 2012
Rammolliti
Una città. Una città del nord-ovest, la parte continentale dell’Italia. Una città che si vanta della sua vicinanza con l’arco alpino, al punto di ospitare un’olimpiade invernale. Una città dove, tutto sommato, i servizi comunali di pulizia e di trasporto funzionano.
Una nevicata. Nel mese di gennaio, è un evento ordinario. Circa 15-20 cm in pianura, nulla di speciale. Previsti con quasi una settimana di anticipo. Ed addirittura con la cortesia di avvenire nel week-end, senza creare troppi disagi, e di interrompersi in tempo nella serata di domenica, così c’è tutto il tempo di prepararsi per il lunedì mattina.
Il panico. Ordinanze comunali che chiudono le scuole “di ogni ordine e grado”, pubblicate sul web e rilanciate dai mezzi di informazione. Rettori delle due università che sospendono lezioni, esami, esami di stato. Il tutto, ovviamente, si chiarisce non prima delle 10 o 11 di notte, una goduria dal punto di vista organizzativo per le famiglie.
L’unica conclusione è che ci siamo rammolliti tutti. Che senso ha bloccare una città, creare disagio alle famiglie con figli in età scolare, mandare all’aria la programmazione degli studenti universitari (che si sono organizzati, si sono preparati, ed in molti casi hanno organizzato il viaggio)?
Ricordo il mio esame di Analisi Matematica I, nel gennaio del 1987, con la mitica prof. Scarafiotti. Era di lunedì, e nel week-end erano caduti circa 80-100 cm di neve. L’esame si è tenuto regolarmente. Certo, ciascuno di noi si è sobbarcato una piccola epopea per raggiungere il Poli e poi per tornare a casa, ma siamo ancora tutti vivi, ed abbiamo qualche aneddoto divertente da raccontare ai figli. Si tratta solo di organizzarsi ed attrezzarsi.
Ricordo cosa mi disse un collega finlandese, quando gli chiesi come si regolavano in caso di forti nevicate (oltre il metro) e gelate. Mi rispose stupito con un “everything is supposed to run, anyway”. Si suppone che tutto funzioni, quindi (sottinteso) ciascuno di noi fa la propria parte.
Forse fare la propria parte è più difficile che scrivere un avviso su un sito web…
Basta, allora, che la smettiamo di utilizzare termini come produttività, rigore, efficienza, qualità, … visto che evidentemente non ne conosciamo il significato.
giovedì 8 dicembre 2011
Sottili contraddizioni, purché si venda
Qualche tempo fa ero rimasto scioccato dalla vendita di sale da cucina esotico a prezzi esorbitanti. Come tutte le tendenze illogiche ed assurde (ma con la dovuta spinta commerciale), anziché esaurirsi la tendenza si è espansa.
È importante anche spiegare ai consumatori perché si dovrebbe comprare del sale comune che ha attraversato il globo per arrivare sulla tavola. Dove il verbo “spiegare” è usato in accezione di marketing, ossia: “fornire una serie di frasi, non necessariamente coerenti, non necessariamente pertinenti, ma non smentibili facilmente ed invece ripetibili a piacere, anche parzialmente”. Così ciascuno ricorderà la parte che più lo avrà impressionato, e potrà diffondere il meme tra i conoscenti.
Interessante soprattutto dissezionare il testo dell’annuncio. Quanti errori logico-scientifici riuscite a trovare?
Io ho trovato i seguenti:
- cosa significa la completezza della forma di un cristallo? e che impatto ha un cristallo perfettamente cubico sul suo sapore e sulle sue proprietà nutrizionali?
- il fatto che il sale sia particolarmente prezioso è un’affermazione sul suo costo, non sulle sue qualità
- ma se viene lavato ed asciugato (a mano ed al sole, certo), allora i cristalli si dovrebbero sciogliere e ri-formare, no? maledizione, ho perso la completezza della forma
- cercate sul dizionario il significato di bioenergetica: trattasi di un metodo psicanalitico che combina terapia corporea e psicoterapia verbale. Mi sembra difficile trovare il nesso con le qualità di un sale
- è invece innegabile l’evidente importanza del mare primordiale da cui abbiamo avuto origine…. ma di cosa stiamo parlando? E quale mare sarebbe?
- Non mi risulta che l’Himalaya sorga su un mare prosciugato. Piuttosto, sono terre emerse per motivi tettonici, che inizialmente erano subacquee.
- La mia preferita: puro con i suoi 84 elementi naturali. Uno strano concetto di purezza, se comprende ben 84 composti diversi. Non deve essere facile decidere quali composti estranei contribuiscono alla purezza, e quali invece sarebbero da evitare in quando inquinanti…
- A questo punto, rimuovere le scorie che accumuliamo assumendo sali industriali diventa chiarissimo: i sali industriali non contengono quegli 84 composti privilegiati, ma ne contengono altri che quindi sono classificati come scorie.
Posso essere d’accordo che molti prodotti industriali siano qualitativamente infimi, ma se l’alternativa “naturale” deve essere questa, meglio starne lontani.
venerdì 28 ottobre 2011
Politically (troppo?) correct
E stavolta l’ha fatta grossa. Almeno, così dicono loro, perché a me non pareva così grave.
Putiferio.
Pare che vi sia stata una rivolta internazionale perché si faceva riferimento ad “even your Mom”, come metafora della facilità di utilizzo e programmazione, accessibile anche alla fascia di popolazione non native-digital.
Ma era una battuta, no? Un titolo ad effetto, no? io credo di usare metafore simili moltissime volte, nei miei corsi, ma non mi sono mai preso una denuncia da associazioni di madri, nonne, prozie, o collaboratrici domestiche (per la frase “i conti della serva”).
Invece la cultura anglosassone è estremamente attenta a queste minuzie, accusando di sessismo e stereotipia la formulazione del titolo. Talmente attenta, che addirittura è costretta a violentare la sintassi della propria lingua madre (chi non è stufo di scrivere “he or she” per essere gender-neutral?).
Nel caso di IEEE Spectrum TechAlert, si è dovuta muovere l’Editor in Chief di IEEE Spectrum (il redattore capo), che fortunatamente (ai fini di placare l’incidente diplomatico) è una donna, Susan Hassler. Ella si scusa scrivendo:
Forse perché il Italia abbiamo anche altri motivi per scandalizzarci, ma personalmente mi pare che sia una reazione un tantino esagerata, rispetto ad un titolo giornalistico, che in estrema sintesi riusciva a convogliare un messaggio chiaro.I'm an IEEE member, and a mom, and the headline was inexcusable, a lazy, sexist cliché that should have never seen the light of day. Today we are instituting an additional headline review process that will apply to all future Tech Alerts so that such insipid and offensive headlines never find their way into your in-box.
Sono anch’io lazy and sexist oppure sono loro che esagerano con la mania del politically correct?
giovedì 22 settembre 2011
The Orion Belt, Italy
Ho visto cose(1) che voi europei, che voi statunitensi, che voi dei paesi civilizzati non potete nemmeno immaginare.
Ho visto un ufficio postale aprire con 2 sportelli su 3 non operativi perché i PC non partivano; su quello che è partito non funzionava il POS. Ho visto gli impiegati postali iniziare a preoccuparsi dopo 20 minuti. Ho visto persone in coda, rassegnate, visto che anche l'erogatore di ticket per le prenotazioni non funzionava. Ho visto riavviare i PC come se fosse un rito propiziatorio. Ho visto telefonare al servizio di assistenza tecnica, che ha risposto che avrebbe prontamente informato il servizio di assistenza tecnica (nazionale). Ho visto impiegati telefonare all'amico che lavora per la ditta locale, che tanto sicuramente verrà chiamata dal servizio di assistenza tecnica nazionale, per anticipargli la chiamata e chiedere che un intervento immediato, in attesa che la comunicazione ufficiale arrivi.
Ho visto studenti che, alla fine della seconda settimana di scuola elementare, non hanno ancora tutti i libri di testo. Ho visto studenti per cui il non avere ancora i libri non è poi così grave, visto che mancano le maestre. Ho visto maestre arrivare dopo due settimane, sapendo che rimarranno solo per due mesi.
Ho visto l'università italiana prima in classifica che, ad una settimana dell'inizio del semestre, non aveva ancora pubblicato gli orari delle lezioni.
Ho visto un tecnico perdere 3 ore per cambiare un pezzo da 10 euro ad un portoncino blindato. Ho visto che alla fine non l'ha riparato perché il pezzo era difettoso alla fonte. Ed ho visto perché le aziende italiane, credendo di risparmiare sulla qualità, in realtà ci perdono sul personale e sul mercato.
Ho visto pendolari lottare per avere dei treni, piuttosto che compagnie ferroviarie lottare per avere dei clienti fedeli come solo i pendolari possono essere.
Mi sono visto attirare da un libro su uno scaffale, che prometteva di svelare i trucchi per non essere ingannati dal marketing. E quel libro, e quello scaffale, erano parte stessa del marketing. E mi sono visto acquistare quel libro e portarlo a casa.
Ho visto colleghi che ricevono ottime offerte di lavoro dall'estero, senza conoscenze e senza inviare curriculum, grazie ai propri titoli e pubblicazioni. Ho visto gli stessi colleghi essere rifiutati e bistrattati nei concorsi nazionali per un posto alla metà dello stipendio.
Ho visto l'IVA aumentare dell'1% ed i prezzi arrotondarsi all'euro superiore. Ho sentito che questo dovrebbe aumentare i consumi e ridurre l'evasione fiscale.
Ho visto avvisi sui diari scolastici dei figli, in cui si chiede di portare a scuola le cose più strane ed improbabili. Gli oggetti sono sempre diversi, ma la postilla è sempre "possibilmente per domani". Ed ho visto genitori sclerare per partecipare alla caccia al tesoro a tempo.
Ho visto offerte di lavoro per lavori anonimi, sostituibili e noiosi ma ben retribuiti. Ho visto offerte molto minori, alla stessa persona, per lavori innovativi, insostituibili ed interessanti. Ed ho percepito confusione e indecisione.
Ho visto una società di rating dire a proposito delle prospettive di sviluppo di una nazione ciò che ormai tutti sanno da anni. Ho visto persone agitarsi perché le società di rating iniziano a dire ciò che tutti sanno da anni.
Ho visto tutto solo nell'ultima settimana. Direi che ho visto troppo.
(1) Eterna riconoscenza a Philip K. Dick per il meme "ho visto cose" (I've seen things), tratto dal romanzo Do Androids Dream of Electric Sheep?
[P.S. prima che qualcuno dubiti: tutti fatti vissuti realmente in prima persona]
domenica 18 settembre 2011
Sempre per problemi tecnici…
Sempre alla ricerca di nuovi metodi per
spillarci soldi facilitare i pagamenti aumentando la sicurezza, nei supermercati Coop è da poco iniziata la promozione di una carta denominata “Ri-Money” (tanto per non sbagliare, scritta anche ri_MONEY oppure ri-money, sempre sul sito e-Coop).
Non è certo una novità, è una normalissima carta prepagata legata al circuito Visa Electron, colorata con il branding Coop e con qualche agevolazione per i soci Coop.
Io continuo ad avere disgusto per tutte le iniziative prepagate, in quanto se ti dò dei soldi in anticipo, mi aspetto almeno uno sconto, e non un costo di ricarica o di abbonamento. Ma non divaghiamo.
La cosa interessante invece è che, dopo pochi giorni dall’inizio della promozione, la vendita della stessa carta è stata sospesa a data da destinarsi, per non meglio precisati “problemi tecnici”. Vedasi volantino.
E ci risiamo. Ricordiamo il recente caos alle Poste Italiane a causa di una migrazione ad un nuovo sistema informativo, oppure inspiegabili blocchi dei treni regionali, delle metropolitane, degli svincoli autostradali, …
È sufficiente una rapida ricerca su Google News per notare quanti disservizi siano sbrigativamente liquidati come problemi tecnici. Sarà che gli utenti sono stati abituati al “prova a riavviare”, ma io non ci sto.
I problemi tecnici non si generano da soli, non sono creati da interferenze cosmiche. I problemi tecnici sono dovuti ad errori di progettazione, mancata manutenzione, oppure scelte economico-progettuali che hanno portato a prodotti che al loro interno contengono criticità.
Smettiamola di nasconderci dietro misere scuse e giustificazioni che non sarebbero accettate neppure alla scuola materna, e proviamo qualche volta a costruire dei sistemi e dei prodotti che funzionino bene. Ed esserne fieri. Una volta era questa la definizione che si attribuivano gli ingegneri.