venerdì 19 febbraio 2010

Scusarsi

Ritorno sul tema delle ferrovie, e del loro rapporto con i clienti (o meglio dire la ‘merce trasportata’?). Chiedo scusa per la monotonia, ma visto che ci spendo diverse ore al giorno, è un tema che sento sul vivo.

E’ da tempo che rifletto sulla frase “Ci scusiamo per il disagio” che chiude ogni annuncio di treni in ritardo. Che il ritardo sia di 10 minuti o di 3 ore, la frase è sempre la stessa. Aggiunta in automatico. Con voce sintetizzata.

Ma che razza di “scuse” sono quelle generate da un algoritmo? Se ho sbagliato e devo scusarmi, lo faccio di persona, ci metto la faccia, mi immedesimo nelle persone a cui ho causato un problema, cerco di motivarne le cause, e non delego certamente ad un comunicato preconfezionato. No, una scusa pre-registrata non può essere una scusa valida, perché manca il riconoscimento dell’errore, il pentimento per lo stesso, la condivisione delle cause, e l’empatia tra il causante disagio e gli sfortunati disagiati.

Inoltre vogliamo discutere sul significato di “disagio”? Dis-agio, ossia non-del-tutto-comodo-e-pasciuto. Sarà magari un disagio un ritardo di 5 minuti, ma solo se non mi fa perdere una coincidenza, o non mi fa arrivare tardi al lavoro o a un appuntamento. Ma dai 10, 20, 30 e oltre minuti, come osi chiamarlo ‘disagio’? Chiamalo problema, grave intoppo, disastro, … Se hai un figlio da recuperare all’uscita da scuola, e non arrivi in tempo, è un dis-agio o un serio problema organizzativo che coinvolge altre persone che devono intervenire e supplire alla tua assenza? Se hai una riunione con i vertici della tua azienda, fissata per le 8:30 del mattino, ti organizzi per prendere un treno prima perché tanto non ti fidi, e riesci ad arrivare comunque in ritardo, è un dis-agio oppure una grande figuraccia con conseguenze sulla percezione che gli altri avranno della tua affidabilità? Sarà dis-agio per il dirigente movimento, che se ne sta seduto comodamente e deve sollevare un dito per lanciare l’annuncio, tanto lui quando finisce l’orario (e non 10, 20, 30 minuti dopo) se ne va a casa… ma per i passeggeri di solito è più che un semplice dis-agio.

Allora riportiamo le parole al loro reale significato. Facciamo gli annunci a voce. Diciamo le cause. E non minimizziamo i problemi altrui.

E magari recuperiamo il rispetto per gli utenti.

martedì 16 febbraio 2010

Comunicazione lampante

Per background personale e professionale, io non so molto di comunicazione, ma ho una sola certezza: l’efficacia della comunicazione dipende dall’informazione che arriva al destinatario. Non dalla buona volontà di chi comunica, non dai soldi spesi per farlo, non dalla dimensione dei cartelli, ma in ultima analisi da quanto il destinatario capisce e ricorda rispetto al messaggio che vogliamo inviare.

Negli oltre due mesi nei quali la mitica “Porta Susa Sotterranea” è entrata in funzione, un problema di comunicazione era rimasto: l’unico modo per uscire dalla stazione “lato Porta Susa” è quello di prendere il sovrappassaggio “D”. Il footbridge D, se seguiamo le indicazioni internazionali. Tutti gli altri sovrappassaggi portano in Corso Inghilterra. Esistevano delle timide indicazioni perlopiù ignorate dai passeggeri, ed il “trucco” per uscire dalla parte giusta veniva tramandato oralmente dai viaggiatori abituali ai “pivellini”, riconoscibili dal volto spaesato che assumono appena messo piede a terra.

Ieri finalmente il problema è stato risolto: in tutti i sovrapassaggi è comparso l’evidentissimo cartello che qui vi riporto:

Cartello esplicativo

Un capolavoro di comunicazione. Chi di noi non avrebbe usato la locuzione “lato fabbricato di stazione” per indicare la “vecchia” stazione di Porta Susa? Chi di noi correttamente sa identificare “Piazza XVIII Dicembre”, che per decenni era stata semplicemente “davanti a Porta Susa”? E che cosa succede se non vi servite “solo” del sovrappassaggio D? venite catapultati nell’iperspazio?

La versione inglese è ancora più esilarante, miracoli che solo Google Translate può realizzare, se usato male.

Fortunatamente l’icona dell’omino che vomita all’indietro ci permetterà di capire al volo il corretto comportamento da tenere.

Grazie Ferrovie, problema di comunicazione risolto! La prossima volta, magari, spendete quei 200 euro in più per farvi scrivere i testi da qualcuno che lo faccia di mestiere, o anche solo fateli leggere a qualcuno dei vostri passeggeri prima di stampare due dozzine di cartelli. O forse avete speso tutti i soldi per farvi dire se ‘sovrappassaggio’ si scrive con una o due ‘p’?