Per noi popoli latini la puntualità, si sa, non è il nostro forte.
Solitamente, quando si organizza un evento, ad esempio serale, vi è sempre un orario ufficiale (es. le 20:30) ed un orario entro cui ci si attende che le persone arrivino davvero (es. le 21:00). Addirittura vi è un’espressione apposita, che viene utilizzata esclusivamente in forma verbale: “alle 20:30 per le 21:00”.
La conoscenza del contesto ci fa normalmente capire quale sia l’entità del “margine” di tempo: 5-10 minuti per riunioni/incontri di poche persone, 30 minuti per eventi serali organizzati da associazioni, fino a 60 minuti per manifestazioni più ampie oppure per l’uscita serale dei giovani.
I popoli anglosassoni, anche questo si sa, si trovano a disagio con i concetti “flessibili”, ma in contesti internazionali devono ovviamente adeguarsi e/o gestire la cosa. E producono cose come il curioso invito qui riportato, che ho ricevuto in occasione della cena sociale di un recente congresso.
Gli organizzatori (inglesi) hanno utilizzato la stessa convenzione (informale, non detta e non scritta) del “ritardo accademico” di 15 minuti, e l’hanno formalizzata ufficialmente sul biglietto di invito. La cena era infatti convocata alle “19:15 for 19:30”. Così non hanno rischiato di fare attendere inutilmente i nordici (che sarebbero arrivati puntuali all’ora X) né di veder arrivare in ritardo i meridionali (che sarebbero arrivati all’ora X+15). Anche questa è interculturalità.
A modo loro, hanno risolto brillantemente il problema!
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