Avevo già raccontato di come un nefasto comma della riforma Gelmini avesse di fatto impedito alle università di stipulare molte tipologie di contratti, e ne avesse complicato notevolmente la stipula di altri.
Questo ha due effetti immediati:
- l’allontanamento di un certo numero di precari dall’università (con effetti positivi sulle statistiche ministeriali, ma disastrosi sulla vita dei singoli)
- la diminuzione della spesa da parte delle università (anch’esso graditissimo ai bilanci ministeriali ed ai relativi “guru” economico finanziari, e che si giustifica con una conseguenza logica del sillogismo “nell’università sono tutti fannulloni” quindi “qualsiasi spesa sarà per definizione improduttiva”).
Mi piacerebbe segnalare ai suddetti guru ed esperti che, mentre un taglio di una spesa improduttiva tende ad aumentare l’efficienza del sistema, viceversa il taglio di una spesa produttiva ne riduce la capacità di lavoro, e di conseguenza la capacità di attrarre nuove risorse e nuovi fondi.
In pratica, con mezzi burocratico-amministrativi, è stata forzatamente ridotta la spesa corrente a partire dal 2011, ma ciò implicherà automaticamente una riduzione delle entrate per progetti di ricerca (nelle varie tipologie) a partire dal 2012.
Sono solo parole? Qualunquismo? Non ci credete? Volete un esempio?
Eccolo, il primo che mi è capitato sott’occhio in ordine di tempo: il Master dei Talenti della Fondazione Giovanni Goria e della Fondazione CRT. Questo bando eroga circa 150 borse di studio all’anno. Ma quest’anno l’università non potrà partecipare, perché la tipologia di borse previste dal bando è incompatibile con quelle permesse dalla legge Gelmini. Q.e.d.
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