sabato 5 febbraio 2011

Banda bassotti anche al Poli

Speravamo di non arrivarci mai. Che gli episodi talvolta raccontati a bassa voce e sempre in modo indiretto fossero solo sporadici. O addirittura falsi. Che i locali del Poli fossero popolati da persone concentrate sullo studio, sul farsi appassionare dalle nuove tecnologie, e sul cercare nuove amicizie e creare sodalizi, lavorativi o sentimentali.

Avviso "banda bassotti"Così ci immaginavamo le sale studio del Politecnico (che, detto per inciso, da “sale” sono cresciute con il raddoppio diventando anche “corridoi”, “capannoni” e “spazi” studio).

Invece questi locali si sono trasformati in terreno di caccia. Da parte di altri studenti malintenzionati, o da parte di gruppetti semiorganizzati, indifferentemente italiani o stranieri, che hanno iniziato a “battere” i locali frequentati dagli studenti alla ricerca di qualcosa da sgraffignare.

Anche per questo sono comparsi in tutte le sale studio i volantini qui rappresentati, che avvisano sull’opportunità di custodire sempre i propri averi, e non perderli mai di vista. Non solo, tra le parole si legge di fare attenzione a persone che potrebbero avvicinarti con proposte o discorsi strani, con il solo scopo di distrarti.

È sempre stato così? difficile fare un confronto, perché 10 anni fa (ad esempio) nessuno si portava mai appresso cellulare, mp3 e laptop per un valore di qualche migliaio di euro, semplicemente perché tali strumenti non erano ancora così diffusi. Certo avevamo tutti delle “buone” calcolatrici programmabili (ogni tanto riaccendo la ancora la mia fedele HP-28C), ma non ricordo furti o sparizioni, forse perché non così facili da piazzare sul mercato del rubato.

Ricordo invece che i primi giorni di lezione (non ti conoscevi, non conoscevi l’ambiente) molti nelle ore di intervallo chiudevano a chiave le proprie valigette (altro cimelio ormai scomparso ma un tempo dotazione standard). Poi, dopo le prime settimane, il clima si rilassava e l’aula diventava spazio comune in cui ti sentivi al sicuro.

Ciò che rimane da questi episodi recenti è un fondo di tristezza, un profanamento di un spazio ma soprattutto di un modo di vivere e di intendere la giornata di cui noi ex-studenti andavamo fieri.

2 commenti:

  1. Beh, a me hanno rubato un cellulare nel dipartimento. Ci sono due zingari che da anni girano per il Politecnico. Fra le loro vittime (oltre a me), la ragazza all'ingresso di Corso Castelfidardo e un Professore nel bel mezzo di un esame. E innumerevoli studenti, certo. Come una ragazza straniera che si presenta piangendo al gabbiotto e racconta che le è sparito il portatile e non sa come fare.

    Quando ho sporto denuncia ai Carabinieri, che si sono fatti raccontare come fossero andate le cose, la denuncia che mi hanno presentato da firmare non riportava nulla, solo una dichiarazione che non aveva sospetti su nessuno, quando io avevo visto gli autori del furto.

    Nel mio caso è andata bene, hanno rubato un cellulare a me invece che il portatile di lavoro di qualcuno. Però mi ha fatto riflettere sulla questione "civiltà". In quei giorni la porta del dipartimento al secondo piano era rotta perché gli studenti che studiano lì davanti l'avevano forzata per poter andare al bagno (altrimenti sarebbero dovuti andare al lato opposto, dove c'è Elettronica). Nessuno si è posto il problema che quel gesto potesse avere delle conseguenze.
    Dopo aver vissuto qualche mese in Germania mi rendo conto che questa è una nostra caratteristica, di italiani. E lo dico amando molto questo Paese. Ecco, forse i soliti ladruncoli, che in molti conoscono continueranno a girare e nessuno interverrà, su questo non abbiamo che difenderci da soli, tenendo sempre sott'occhio i nostri oggetti personali e sperando per il meglio. Però credo ci sia spazio per agire su altri nostri comportamenti. Ad esempio evitare di rompere la porta del dipartimento o dare un occhio anche alla roba del dirimpettaio.

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  2. È un misto di amarezza e rabbia.
    Sapere che non ci puoi far nulla, né per ciò che hanno rubato a te, né per ciò che ruberanno domani ad un tuo amico.
    Ma proprio la consapevolezza che non ci puoi far nulla ti spinge a fare ancora di meno, a prendere la via del minimo impatto (se vedo qualcosa di sospetto, la porta rotta, lo ignoro e tiro avanti). E ciò giova a chi conta proprio su questa nostra connivenza passiva.

    Ed è molto brutto dover vivere sempre sul chi-va-là, quantomeno io non ce la faccio :(

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