Parte della mia lezione di Informatica di lunedì scorso è stata “ceduta” ad un comitato di valutazione che deve raccogliere informazioni dagli studenti, come parte del percorso di certificazione Eur-Ace per i corsi di studio europei.
Non ne sapevo nulla, quindi mi sono informato.
Eur-Ace, certificazione praticamente sconosciuta a Google, che invece la confonde con un progetto europeo Eurace che non c’entra nulla, significherebbe “European Accreditation of Enginering Quality” e sarebbe una etichetta di qualità assegnata dalla ENAEE (European Network for Accreditation of Engineering Education) a corsi di studio di laurea e laurea magistrale nelle varie branche dell’ingegneria.
Il processo di accreditamento si basa su una serie di indicatori descritti nel Framework Standards (PDF; vedere pagine 9-11) che valutano principalmente indicatori di contesto e di processo, quasi mai di merito. Viene quindi certificata la qualità del processo formativo, non tanto la qualità della formazione erogata (tranne l’indicatore 4.2, che indirettamente valuta la tipologia di occupazione lavorativa ottenuta ed il tempo necessario per ottenerla).
L’elenco dei corsi di studio accreditati è disponibile on-line e finora non contiene alcuna università italiana. Sono contento che il Poli si stia muovendo tra i primi. Peccato constatare che nel database on-line non ci siano i dettagli dei valori attribuiti ai singoli indicatori, potrebbe essere interessante confrontarli (sia per chi deve scegliere un corso di studio, sia per capire come siamo messi nei confronti degli altri: uniamoci al grido Raw Data Now!). E’ solamente un bollino on/off.
Io amo la valutazione. Davvero. Meglio se è (anche) di merito e non (solo) di processo. Meglio se tiene in conto sia la qualità che la quantità. Ma in ogni caso è sempre meglio che non valutare.
Ne sono convinto da sempre. Ricordo ancora con emozione i primi “questionari CPD” che gli studenti compilavano al termine del corso, nei miei primi anni di insegnamento. Critiche feroci (non si capisce, ci fai addormentare, leggi solo le slide, lezioni inutili, ecc…). Feroci ma corrette, puntuali, educate. Senza quelle critiche non avrei mai potuto cercare di migliorarmi (e spero un pochino di esserci riuscito). Ancora oggi, dopo 20 anni, il momento in cui leggo i questionari studenti è sempre un confronto importante, che rimette in discussione il lavoro svolto e fornisce spunti per migliorarlo.
Questo dal punto di vista personale.
Chissà se un giorno, oltre che al miglioramento personale, tutti questi indicatori di qualità, strumenti di valutazione, questionari di gradimento, statistiche di superamento esami, ecc ecc ecc potranno essere utilizzati anche per indirizzare le scelte economico-organizzative e le carriere dei docenti? In quel giorno farò festa. Festa grande.